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Turismo sessuale, quando le favole diventano bugie

 |  redazionehelp

Siamo nel pieno del periodo vacanziero. Tra turisti e viaggiatori c’è chi sceglie il volo low cost, la permanenza all inclusive, la prenotazione on line, l’offerta last minute, la settimana relax, l’opzione bed & breakfast, e c’è chi sceglie il cosiddetto ping-pong show, ovvero l’ignobiltà del turismo sessuale.

Lasciatemi dire che schifo! Non è possibile quantificare esattamente quanti siano gli italiani turisti del sesso con bambini e adolescenti, ma la stima indica circa 80.000 connazionali che partono alla ricerca di sesso con minori. Il 60% sono occasionali, così li definisce ECPAT (End Child Prostitution, Pornography and Trafficking), il 35% abituali ed il 5% pedofili. Dal resto dell’Europa le partenze principali avvengono da Germania, Olanda, Regno Unito, Francia, Belgio e Spagna. Le destinazioni prevalenti sono: in Asia Thailandia, Vietnam, Laos, Cambogia, Filippine, Nepal, Pakistan, Russia, Taiwan, Cina, Sri Lanka, India, Indonesia; in America Latina Brasile, Repubblica Dominicana, Colombia, Messico, Venezuela, Cuba; in Africa il Kenya. Ho deciso di trattare questo delicato argomento dopo aver visto “Vi ho tanto amato”, puntata di “C’era una volta” su RaiTre, che mi ha fatto rabbrividire, indignare, provare rabbia e al tempo stesso piangere. Il documentario racconta la storia di Mae, giovane prostituta thailandese morente di Aids. La ragazza riporta in prima persona l’inferno della sua vita, aprendo squarci terrificanti sulla realtà del turismo sessuale nel Sudest asiatico, sulle reti pedofile, sui traffici di giovani vite e sul lucroso mercato della porno e pedo-pornografia. La protagonista racconta la triste realtà in cui, alla fine, muore veramente. All’età di soli tredici anni, la piccola Mae viene costretta alla prostituzione perché la sua famiglia non è in grado di mantenersi, dopo la morte del padre e del bufalo. Viene portata nell’area di Pattaya, una città thailandese di oltre un milione di abitanti, di cui 350.000 sono giovani donne e bambini in vendita, esposti ad un flusso di turisti di circa dieci milioni l’anno. Mae dice: “Avevo tredici anni, solo tredici piccolissimi anni. Poi si fece buio e conobbi il mondo degli uomini e degli uomini stranieri. Da allora le favole divennero bugie. Per me fu notte, una notte fredda, crudele, fu notte per sempre. Quella notte fui venduta la prima di mille e mille volte ancora. Quella notte fu venduta una parte nascosta del mio corpo, tutto il resto non aveva nessun valore. Non ero più Mae, una bambina di tredici anni. Non avevo più sogni, pensieri e desideri; ero solo un buco da violare”. E così quello che per queste ragazzine è l’orrore, per altri è merce pregiata, capace di dare piacere. Nelle baraccopoli, dietro agli alberghi di lusso regna la miseria ed ogni mercato è possibile, anche quello dell’innocenza; la verginità di piccoli bambini viene venduta all’asta per cifre attorno ai mille dollari, che arricchiscono solo le tasche dei trafficanti. Una ragazza thailandese racconta che di quei mille ne ha ricevuti solo quindici perché non era stata brava con il cliente, con il suo pianto lo aveva disgustato. Ma non è tutto. Molte vengono anche mandate dal dottore che ricuce loro l’imene per essere vendute nuovamente come vergini e per alimentare questo business ignobile. Queste povere donne e bambine, figlie della miseria e di una vita senza futuro sono figlie di mille traffici e della follia dell’uomo, di qualsiasi uomo. Secondo l’ECPAT, infatti, i turisti del sesso possono essere sposati o single, con famiglia o senza, stranieri o locali, ricchi o turisti con budget limitato, possono avere un alto livello socio-economico o provenire da un ambiente svantaggiato. Uomini che pagano solo dieci dollari per andare con una di queste donne, convinti che lo facciano per amore e non per denaro, per questo secondo loro costano così poco. Ma la realtà è ben diversa, sono tutte schiave che prendono un dollaro per ogni ora e quattro per ogni notte passata con un cliente e con questo denaro devono pagare vitto e alloggio al loro magnaccia, non riuscendo mai a sdebitarsi ed andarsene, lasciando alle spalle una vita d’orrore. Sconvolgenti sono le dichiarazioni di questi turisti, dei mariti, padri, nonni, amici di famiglia, che hanno passato tante domeniche a casa nostra con figli e nipoti, li hanno portati al cinema o a mangiare il gelato, hanno fatto loro i regali a Natale. Colti sul luogo non provano il minimo senso di vergogna davanti alla telecamera. “Le compro. Come le mele, le pere, le banane, basta avere soldi”, dice un signore che dimostra di avere una settantina d’anni. Un altro uomo oltre i sessanta afferma: “Le ragazze qui sono meglio perché stanno al loro posto, le nostre invece vogliono gli stessi diritti. Le donne occidentali vogliono essere come noi”. “Arrivati a 50-60 anni – dichiara un connazionale – uno vuole stare con la ragazza di 20-30 anni e in Italia non si può fare. Se vado a salutare l’italiana quella mi manda a… quel paese”. Ed infine un altro felice turista: “Qui è facilissimo trovare una ragazza giovane e bellissima. Nel mio Paese per la mia età posso trovarne forse una più giovane di me di cinque anni. Qui anche se ho sessant’anni posso stare con ragazze di venti. Questa è la differenza”. Ed anche i bambini sono solo una merce come un’altra. È un’enorme aggressione al mondo dell’infanzia che si propaga tramite una rete potentissima di pedofili. Anche se oggi, grazie al lavoro di numerose organizzazioni umanitarie internazionali, i pedofili non possono più andare a caccia di minori liberamente, il problema non è affatto risolto. È, infatti, una rete organizzata che ha accesso a immagini e informazioni, è in contatto con agenzie di viaggio amiche ed alberghi compiacenti, tratta con venditori e trafficanti di bambini. Così quando un pedofilo arriva nelle mete del sesso, sa già come e cosa fare; non deve andare a caccia di bambini poiché ha accesso a mondi che noi neanche sappiamo esistere. Per andare con un bambino/a inviolato bastano millecinquecento dollari e l’indignazione aumenta quando un trafficante consiglia al cliente di sceglierne uno “di seconda mano perché fa meno storie, dopo averlo fatto una volta si abituano”. Quando si lasciano crescere inferni come Pattaya tutto è possibile, non solo acquistare film pornografici con bambini protagonisti sulle bancherelle delle strade principali, ma anche comprare una piccola vita per girare un film a luci rosse. Se si hanno i soldi, in Thailandia si può fare tutto, anche uccidere, basta pagare. Da qui si evince che il fenomeno degli “snuff movies” sta prendendo dimensioni sempre più reali e scioccanti. Si tratta di filmati assassini, video pornografici che portano alla morte del bambino ripreso e alla scomparsa del corpicino. Ed anche questo obbrobrio è un business: ogni video vale, infatti, migliaia di dollari e per realizzarlo, ovvero per uccidere un giovanissimo bastano quattro-cinquemila dollari. Secondo dati ECPAT, sono purtroppo 800.000 i bambini che ogni anno tra Thailandia, Laos, Cambogia e Filippine spariscono sia per girare questi video, che per la pedopornografia ed il traffico di organi. Io ho voluto citare la Thailandia, ma questi episodi sono diffusi in tutto il mondo e ad alimentarli sono uomini come altri, padri di famiglia (spero non il tuo) che visti in un contesto quotidiano non penseresti mai di trovare nei night di Pattaya. “Ma cosa c’è di male? Non faccio altro – obietta il turista sessuale – che adattarmi all’ambiente in cui mi trovo. Provo qualcosa di nuovo per me e di normale per loro. Non sono un mostro, sono l’occidentale buono che porta soldi”. Questo si ripete il vacanziere per trovare una giustificazione al suo comportamento, così la coscienza è a posto e si può comprare sesso dalle bambine e poi tornare tranquillamente a casa dalle proprie famiglie senza pensarci. È schifosamente triste, ma purtroppo questa è l’unica vera guerra senza fine e senza giustizia dall’inizio della storia del mondo. Martina Pluda


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