Bocciati i referendum di Beppe Grillo sull'editoria
Colpo di scena nella vicenda che ha visto protagonista Beppe Grillo in occasione del V2-Day il 25 aprile scorso, durante il quale ha organizzato una massiccia raccolta di firme tra i suoi sostenitori per indire tre referendum sull'editoria. La Cassazione, chiamata a giudicare sul numero e sulla forma delle firme raccolte, si è espressa negativamente.
In alcuni casi manca il numero (500 mila sono le firme necessarie per ciascun referendum), in altri ci sono vizi formali nella raccolta di firme. Sono attese le motivazioni della sentenza, emessa dal magistrato Corrado Carnevale, figura molto discussa nel panorama politico e giuridico nazionale e che merita di certo un approfondimento, mentre per il momento Grillo è stato invitato il 25 novembre a Roma per spiegare la sua posizione dei fatti e per tentare di salvare i suoi referendum. Sul suo blog, la reazione è estremamente sconsolata, al punto che sembra alzare bandiera bianca di fronte a questa sentenza e pare voler rimettere in soffitta il suo tradizionale vulcanico istinto polemico.
Spieghiamo bene la situazione: tre erano i referendum messi sul piatto dal comico genovese e riguardavano il mondo dell'editoria:
1. Abolizione dell'ordine dei giornalisti (considerata dai promotori una corporazione di ispirazione fascista, classista al suo interno, fondata su rapporti clientelari e fonte di torbidi incroci tra politica, mondo economico e informazione).
2. La fine dei finanziamenti pubblici all'editoria (ovvero la fine dei contributi miliardari a fondo perduto, quindi soldi dei cittadini, "investiti" nelle più importanti - o politicamente più amiche dei potenti - testate giornalistiche nazionali, che spesso devono il motivo della loro esistenza proprio a questi contributi governativi con inevitabili scelte editoriali quanto meno poco libere).
3. Abrogazione della legge Gasparri sull'editoria (con l'obiettivo di porre fine al duopolio televisivo Rai-Mediaset per creare maggiore pluralismo tra le televisioni in chiaro).
Le conseguenze, se questi tre referendum fossero andati a segno, sarebbero rivoluzionarie. Innanzitutto, come nel resto del mondo occidentale, non ci sarebbe bisogno di doversi iscrivere ad un costosissimo ordine e al suo ente previdenziale per poter svolgere attività giornalistica, che sarebbe quindi libera e aperta a tutti, e si metterebbe anche fine alle penose ricerche di giovani giornalisti di contratti di praticantato presso i giornali, spesso mal retribuiti, ancora più frequentemente fonte di sfruttamento.
In secondo luogo vedremmo finalmente sparire giornalacci di pessimo gusto, estremamente schierati e fonte di palese disinformazione, aggrappati ai finanziamenti pubblici e non in grado di stare in piedi con le loro gambe (perché nessuno li compra).
In terzo luogo, l'abolizione della legge Gasparri prevederebbe una doppia rivoluzione nel mondo della televisione: Rai Tre e Rete 4 dovrebbero spostarsi sul digitale, liberando le relative frequenze nazionali a favore di altri due editori diversi. E' naturale individuare quindi nella figura di Berlusconi, che in qualità di capo del Governo e di proprietario di Mediaset controlla entrambe le reti sacrificabili, la "vittima" di un eventuale referendum su questo tema.
La risposta del popolo alla chiamata di Grillo del 25 aprile è stata - almeno apparentemente, stando questi ultimi sviluppi - anche in questo caso, come nel caso già da noi raccontato relativamente al lodo Alfano (clicca qui per saperne di più), massiccia e motivatissima. A quanto pare però, il magistrato Corrado Carnevale si è messo di traverso e ha bocciato tutti e tre i referendum.
Ma chi è Corrado Carnevale? E' il giudice cosiddetto "ammazza sentenze", colui che Falcone e Borsellino consideravano tra i principali nemici. Moltissimi sono stati infatti i mafiosi rimessi in libertà proprio dalle sentenze emesse da Carnevale nel corso degli anni '80 e '90 soprattutto: a volte mancava un timbro, altre volte una firma, in altri casi si rifaceva a qualche cavillo. Un mago nell'annullamento di sentenze.
E' stato anche condannato, in virtù di testimonianze di colleghi che hanno dichiarato di aver subito forti pressioni per annullare delle sentenze, anche quando non presiedeva il collegio, in secondo grado per mafia ma poi la Cassazione ha annullato la sentenza senza rinvio, perché le prove non erano più utilizzabili. Insomma, un personaggio antropologicamente e socialmente interessantissimo.
Dopo la condanna in appello, comunque è stato costretto a dimettersi dal Csm, ma una legge del Parlamento del 2003, ai tempi del Berlusconi III, l'aveva rimesso in pista consentendogli, a distanza di qualche tempo, di riprendersi la presidenza di una Sezione civile della Corte di Cassazione. Guarda caso proprio quella che ha giudicato sui referendum promossi da Beppe Grillo.
I maligni subito potranno affermare: "Inevitabile che questo personaggio abbia ricambiato il favore a Berlusconi per il suo reintegro annullando i referendum di Grillo".
Poche settimane fa, il suo nome era salito agli onori della cronaca perché, in virtù della sua reintegrazione da over quota in Cassazione, dal 2010 potrebbe (quando il magistrato Carbone andrà in pensione) diventare il nuovo presidente della Corte di Cassazione, proprio perché è il candidato più anziano e quindi favorito, per essere eletto. Un altro indizio che ci porta a pensare al contraccambio di favori? Solo supposizioni.
A corollario della descrizione del personaggio rammentiamo alcune sue infelici dichiarazioni: Carnevale chiamava Falcone "stupido", "faccia di caciocavallo" e riferito a Falcone e Borsellino diceva "io i morti li rispetto, ma certi morti no" e ancora "contro di loro ho un'avversione che non è venuta meno neanche dopo che la mafia li ha ammazzati".
Capito perché Grillo non vuole neanche provare a spiegare le sue ragioni?