Investire, che fatica!
Guadagnare denaro è più facile che mantenerlo! Questo detto popolare sembra essere più che mai di attualità. I mercati azionari continuano a fare le bizze, il dollaro sembra non
trovar pace, le obbligazioni non decollano e l’emorragia dei fondi comuni non conosce sosta. Anche gli investimenti immobiliari non sono più in grande spolvero. La stretta creditizia e i tassi d’interesse non più ai minimi hanno soffocato il vento che soffiava in poppa negli ultimi anni.
Come fare per scegliere un impiego del proprio risparmio redditizio senza che ciò diventi un’impresa titanica? Cosa consigliare al risparmiatore che teme di veder depauperarsi il proprio capitale? Quali scelte effettuare per proteggere il proprio patrimonio dall’erosione del potere di acquisto? Non esiste una ricetta valida per tutti. Non esiste il miglior investimento in assoluto. La soluzione ideale per Tizio non sarà necessariamente quella più opportuna per Caio. Sono molte le variabili in gioco ed alcune di fondamentale importanza.
Inizio da un esempio molto banale e provocatorio. Quale si può definire il mezzo di trasporto migliore tra uno scooter e una confortevole automobile di grossa cilindrata? Dipende, direte voi. Dipende da dove dobbiamo andare. Perfetto! Lo scooter andrà certamente più lentamente sulle strade sgombre ed in autostrada, ma potrà evitare ingorghi e traffico. Un andamento quindi più costante e lineare. Come gli strumenti d’investimento di breve termine: buoni del tesoro, pronti contro termine, conti di liquidità ad alto rendimento e fondi monetari. L’automobilista viceversa certamente soffrirà in coda al casello autostradale e sarà preso dal panico allorquando si imbatterà in uno di quei tamponamenti a catena che ti bloccano lì per ore. Lo coglierà la tentazione di mollare tutto ed andarsene a piedi quando vedrà la Protezione civile distribuire bottigliette d’acqua. Poi, quando tutto sarà finito, la sua macchina potrà nuovamente sfrecciare a 140 chilometri all’ora verso la destinazione. Un andamento molto più altalenante, sensibile agli imprevisti, ricco di accelerate, rallentamenti e brusche frenate. Potremmo dire molto più accostabile a un investimento azionario.
Eppure mentre nessuno ha dei dubbi nello scegliere lo scooter per farsi un giretto in centro (breve periodo) e nel servirsi dell’automobile se il viaggio sarà di parecchie centinaia di chilometri (lungo periodo), negli investimenti il discorso non è così scontato. C’è chi continua ad investire tutto il suo patrimonio in Bot o in conti di liquidità per una vita e chi investe fette troppo alte del proprio capitale in azioni per un tempo ridotto. Ed al primo intoppo, pur essendo magari dei buoni titoli, è tentato di disfarsene valutandoli come una cattiva scelta. Naturalmente monetizzando una perdita. È come se prendesse a calci la propria bella macchina colpevole di essere rimasta bloccata in coda sulla tangenziale di Mestre!
Quante volte sentiamo chiedere: è questo il momento giusto per comperare? è conveniente ora vendere? Sono domande inutili, a mio modo di vedere, per l’investitore di lungo periodo. Il bravo gestore professionista analizza i dati fondamentali di un’azienda, stima la potenzialità del suo business nel settore di riferimento e la sua redditività rispetto ai concorrenti, valuta la capacità e l’affidabilità del management e, se tutto ciò risponde ai criteri ritenuti indispensabili, dimostra la sua fiducia investendoci denaro. Condicio sine qua non è avere davanti il tempo necessario affinché il mercato riconosca quanto da lui presupposto. Così pure l’investitore “professionista”, se vuole investire in azioni e si è servito di un gestore meritevole di fiducia, deve avere l’orizzonte temporale adeguato ad esprimere tutta la validità della scelta. È opportuno inoltre essere dotati di una tolleranza alla volatilità che consenta di non modificare la strategia in corso d’opera. In altre parole e tornando all’esempio precedente, code ed ingorghi devono essere messi in preventivo. Non si molla però la macchina per andare a piedi se la destinazione è ancora lontana. Se non funziona bene, la si cambia per prenderne un’altra più efficiente, questo sì. È doveroso monitorare l’operato del proprio gestore per continuare a premiarlo con la fiducia.
Nel libro “Secrets of investments all stars” di Kenneth Stern, uscito negli Stati Uniti nel 1999, si elencano quali siano i segreti dei grandi investitori di successo. Al primo posto si piazza proprio l’importanza del capire la differenza tra investimento e speculazione. Entrambi possono far guadagnare, ma la seconda attività è molto più rischiosa.
Un altro luogo comune spazzato via senza mezzi termini, è il considerare un indubbio vantaggio per “l’addetto ai lavori” la possibilità di rimanere incollati ad un monitor. Come se ciò fornisse un punto di osservazione privilegiato per tastare il polso della situazione. Stern, che ha intervistato nove tra i migliori gestori americani, afferma che i grandi professionisti spesso non hanno nemmeno un terminale sulla scrivania con cui controllare le quotazioni. Perché è uno strumento che non serve all’investitore di lungo periodo.
Sarebbe più opportuno quindi guardare meno al “mercato delle occasioni” e più dentro sé stessi per adottare delle strategie vincenti. Valutare attentamente i propri obiettivi, l’orizzonte temporale disponibile e la volatilità tollerata, è un esercizio dal quale non si può prescindere. Purtroppo i dati stanno a testimoniare che il risparmiatore italiano è spesso in balia delle onde e la rotta tracciata, se mai è stata tracciata, non è perseguita caparbiamente. È normale quindi che l’attracco al porto di destinazione sia improbo se non impossibile.
Lo stesso Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ha affermato nelle sue considerazioni finali per l’anno 2006 che il sistema italiano è andato controcorrente rispetto a quello europeo sfiorando negli ultimi tre anni un deflusso di quasi 100 miliardi di euro dai fondi comuni d’investimento. Soltanto nell’anno in questione la raccolta media europea ha registrato un incremento del 14,8% mentre in Italia il calo è stato del 7,8%. Dove sono finiti tutti questi quattrini? Dal quaderno n° 61 della Consob del gennaio 2008 si ottiene la conferma che vi è stato un considerevole aumento nella sottoscrizione di obbligazioni strutturate e polizze indicizzate. Come ho già avuto modo di sostenere in passato su queste pagine, si tratta per lo più di prodotti che non sempre sono fatti sottoscrivere nell’interesse del cliente, ma viceversa sono maggiormente tesi a soddisfare esigenze di budget aziendali.
Il risparmiatore fatica a muoversi in questa intricata selva e non ha molte informazioni. Il ruolo del consulente allora diventa fondamentale. Sono la competenza e la professionalità di chi propone l’assetto del portafoglio a determinarne la bontà, più che il singolo prodotto. La scelta dell’interlocutore finanziario giusto diventa fondamentale per definire una corretta asset allocation. Saper ascoltare il cliente per definirne il corretto profilo, è l’aspetto più importante per realizzare la diversificazione più adatta. Condivisa la ripartizione ideale del portafoglio, il consulente dovrebbe a questo punto utilizzare per ciascuna categoria di strumenti da inserire il miglior fornitore. Vale a dire, per esempio, che la parte di azionario Usa dovrà essere affidata al migliore gestore di fondi specializzati in quel settore, la quota di obbligazionari zona euro alla migliore sicav (società di investimento a capitale variabile) a livello internazionale, la parte di coperture assicurative alla migliore compagnia e così via. Bisogna partire dal presupposto che nessuna società di gestione è riuscita ad essere la migliore in tutti i settori. Ne consegue che un buon portafoglio deve essere necessariamente multigestore. La parte amministrativa sarà forse un po’ più articolata, ma i risultati finali e la tasca ne beneficeranno senza dubbio.
Furio Impellizzeri, vicepresidente Copernico Sim