Domani il giorno della fiducia a Letta. Oggi sembra un farsesco 24 aprile 1945
In tempi non sospetti (21 agosto di quest'anno) avevamo profetizzato: "Bastano 17 traditori e Berlusconi è finito". La spiegazione è quasi esclusivamente numerica ma di fatto abbiamo anticipato lo scenario che si prospetta domani quando Letta andrà al Senato e poi alla Camera a chiedere la fiducia.
Per Berlusconi si avvicina la scelta cui da anni avrebbe dovuto pensare: carcere o latitanza Craxi-style.
Oggi l'Italia si è svegliata accompagnata dalle ennesime notizie nefaste: l'aumento iva al 22% (voluto da Berlusconi con il D.L. 98 del 6 luglio 2011) affosserà ulteriormente e forse definitivamente le prospettive di sviluppo dell'imprenditoria italiana deprimendo i consumi delle famiglie e portandoli a livelli da terzo mondo. Inoltre, è arrivata l'altra tegola che riguarda la generazione che avrebbe potuto rappresentare l'inizio della fine di questa spirale depressiva iniziata ormai oltre 6 anni fa: la disoccupazione giovanile ha superato il 40%.
Ad oggi, non c'è speranza. Il Paese deve assolutamente dichiarare default ufficiale (in realtà è già avvenuto alla fine dell'ultimo governo Berlusconi nell'estate 2011), chiudere i conti con il passato ristrutturando il debito, uscire dall'euro e per un certo periodo distribuire il peso di questa crisi infame anche su coloro che finora non l'hanno subita (dipendenti pubblici, funzionari, furbetti dello scudo fiscale, pensionati d'oro) per alleviare le sofferenze di chi ha retto finora una bagnarola di corrutele e clientele che ormai fa acqua da tutte le parti (anziani, pensionati "normali", precari, giovani laureati, stagisti, commercianti e imprenditori onesti). Quest'ultima categoria non resisterà a lungo e, per il bene della prima e della tenuta sociale del Paese, quindi serve cambiare immediatamente rotta in tema di politica economica, welfare state ma anche di debito pubblico.
Eppure, proprio nel giorno - oggi - più basso della storia economica e sociale d'Italia per la prima volta si può sperare in una risalita verso un Paese normale. No, non è la fine della crisi in fondo al tunnel (quelle sono panzane dell'establishment che mira a conservare stipendi e prebende più a lungo possibile imbonendo il popolo) ma forse è la fine del ciclo finale del berlusconismo, quello ricattatorio e impaurito e per questo più pericoloso sebbene depotenziato dal mancato controllo diretto di Palazzo Chigi.
Domani è il giorno! Domani l'Italia saprà se il quasi interminabile dominio diretto o indiretto di Berlusconi sul Governo e che dura dal 2001 quasi ininterrottamente (a parte la breve parentesi Prodi 2006/07 finita non casualmente a causa della corruzione di senatori rei confessi da parte dello stesso Berlusconi) finirà una volta per tutte.
Anche il Pd, complice oltre l'inverosimile (vedi alleanza con il Pdl) delle nefandezze di Berlusconi e della sua banda circense (nani e ballerine) e zoologica (falchi, colombe, pitonesse ammaestrati un po' peggio del povero Dudù), non avrà più lo scudo del suo alter ego a proteggerlo e, liberato dai lacciuoli pidiellini, e potrà provare a riscattare un immagine di zimbello mondiale di collaborazionismo istituzionale.
Bastano una ventina di traditori. Una ventina di quei personaggi indecenti che hanno firmato lodi, votato per le nipoti di Mubarak, assecondato ogni legge ad personam e ad aziendam, raccontato agli italiani le più disperanti balle della politica internazionale pur di far piacere al loro satrapo possono riscattarsi in un lampo di indipendenza. Che poi significhi solo mantenere ancora un po' le loro cariche è un dettaglio.
D'altro canto, quanti convinti fascisti mussoliniani fino al 24 aprile 1945 tiravano ferocemente le pietre al cadavere del Duce nella drammatica cornice di piazzale Loreto? La storia d'Italia non cambia, si ripete uguale a se stessa. Solo in forma di farsa.
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