Siamo uomini o caporali?
Alzi la mano chi davanti alla tv, facendo zapping col telecomando, non si sia mai imbattuto, anche casualmente, nel volto inconfondibile di
Gigi Di Meo, popolare direttore di Telepordenone: occhialetti colorati quasi sulla punta del naso, capelli color argento raccolti in un sobrio codino (di recente tagliato!), sguardo tagliente e parlantina sciolta. Quelli che lo hanno visto, e soprattutto ascoltato almeno una volta nella conduzione del suo originalissimo telegiornale, non avranno tanto presto cambiato canale. Un personaggio, come si dice in gergo, che “buca” lo schermo e senza dubbio non passa inosservato.
In questi ultimi anni, con varie successive ristampe, il vulcanico giornalista di Telepordenone è stato protagonista anche nelle librerie con “Siamo uomini o caporali”, biografia ancora oggi di grande successo raccontata da lui stesso e scritta da Piergiorgio Grizzo. Il volume, pubblicato dalle Edizioni Biblioteca dell’Immagine, è un piacevole e spassionato affresco del popolare anchorman friulano, narrato con stile semplice, incalzante e alquanto colorito, proprio come è Gigi Di Meo.
Pagina dopo pagina Di Meo ci accompagna nella sua vita professionale e non, a contatto con la gente, al fianco di quei cittadini che, come afferma, «lavorano, pagano le tasse, le bollette, le multe, il canone della televisione, che rispettano le code e il verde pubblico». Un cronista autentico, a tutto tondo, che non teme di dire come la pensa, la verità delle cose, ma che in particolare è riuscito concretamente a capovolgere il rapporto politica-informazione, “mettendo in riga” i potenti locali per schierarsi senza timore dalla parte dell’uomo della strada.
Nei primi capitoli vengono ritratti gli anni giovanili di Di Meo (figlio dei fiori, contestatore nel midollo fin dai banchi di scuola) per arrivare via via al suo arrivo, per certi aspetti rocambolesco, a Telepordenone. Di seguito si raccontano innumerevoli episodi e aneddoti della sua intensa attività professionale, i segreti e le molte avventure/disavventure successe davanti e dietro le telecamere dell’emittente pordenonese. Fatti spesso commentati da una chiosa finale particolarmente colorita tratta dall’immaginario “Diario segreto di Gigi Di Meo: elucubrazioni e pensieri in libertà”.
La narrazione di tutta la biografia ha il tipico taglio giornalistico: essenziale, immediata, diretta, colloquiale, priva di fronzoli o inutili giri di parole, per un libro di facile e piacevole lettura, curioso, accattivante e decisamente fuori dal coro. Anche perché nell’era dell’accomodante dire e non dire, delle mezze verità, della notizia taciuta, edulcorata o enfatizzata a seconda della convenienza, di un’informazione in giacca e cravatta ma spesso col bavaglio, un personaggio come Di Meo non può che essere guardato come la classica mosca bianca. L’ironia pungente, l’esperienza, il disincanto maturati negli anni, infatti, fanno del direttore dell’emittente pordenonese un raro esempio di comunicazione televisiva non ingessata che va al di là delle mere logiche dell’audience: un portavoce della gente comune, la voce scomoda – come ama autodefinirsi Di Meo – di «un piccolo cronista di provincia».
Claudio Bisiani