Donna indifesa o donna in…difesa?
Che la donna sia spesso vittima di aggressioni violente è un triste fatto di cronaca, ormai quasi quotidiano. Ma siamo certi che necessariamente l’incontro tra aggressore e donna finisca con una netta sconfitta di quest’ultima? A voler suscitare una riflessione a riguardo è stata l’organizzazione di volontariato Tutela onlus che ha dato vita a un evento di piazza, nello scorso maggio, dal titolo Donna in…difesa.
A Trieste, un sabato mattina, nella centrale piazza Sant’Antonio, si sono ritrovati un maestro di difesa personale, Arduino de Candussio, l’avvocato Marcello Giordano e le psicologhe Barbara Orso e Barbara D’Introno. Uno staff di professionisti che ha messo a disposizione della cittadinanza le proprie competenze, al fine di lanciare un segnale e insieme un messaggio relativo al problema della sicurezza della donna.
La paura di andare in giro da sola di questi tempi è cresciuta, causando, in misura inversamente proporzionale, una riduzione della libertà individuale. Allora è bene riflettere: se il problema investe il singolo, è necessario cercare una risposta anche nella sfera individuale. Che cosa si può fare singolarmente? Di fatto il sentimento della paura non va annullato, come hanno sottolineato le psicologhe aderenti all’iniziativa, bensì va gestito. A consentire il raggiungimento di questo obiettivo è il lavoro che si deve fare in funzione della crescita della propria autostima. In altre parole: posso difendermi solo quando capisco che ho il diritto di difendermi.
A questo punto sorge, però, un’ovvia domanda: come faccio a difendermi? Facilmente l’aggressore è fisicamente più forte, ha una corporatura maggiore della vittima e, soprattutto, è mosso da un istinto che aumenta la sua vigoria. Per questo Arduino de Candussio, cintura nera di judo, con la collaborazione degli allievi della sua palestra A&R e con il sostegno del figlio Maurizio, ha insegnato alle donne partecipanti a questa iniziativa alcune semplici mosse che, con lo stupore generale, hanno fatto prevalere l’aggredita sull’aggressore. Come? Agendo sulle leve presenti nel corpo e creando il vuoto. Una questione di tecnica a portata di tutte, a prescindere dalla forza.
Ad animare l’organizzazione di volontariato Tutela onlus è stato il desiderio di lavorare in termini di prevenzione. Esistono infatti realtà associative che si occupano di seguire e aiutare le donne vittime della violenza, ma accanto al necessario sostegno post trauma è importante non trascurare tutto quanto si può fare prima che l’evento traumatico si verifichi o affinché non si verifichi.
Particolarmente efficace nell’occasione l’intervento dell’avvocato Marcello Giordano, che ha voluto prendere le mosse dalle norme che regolano la legge sulla legittima difesa prevista dal Codice penale. Uno dei punti su cui è bene riflettere è la proporzione della reazione dell’aggredito rispetto all’azione dell’aggressore. “Vero è – come Giordano ha acutamente osservato – che in un certo contesto anche il semplice sentire un dito puntato sulla schiena può indurre l’individuo a credere di essere sotto la minaccia di una pistola”. Ecco allora che ritorna l’importanza della gestione della paura. No panic, quindi.
Ma quando succede cosa si può fare? Un suggerimento: “non gridare aiuto a squarciagola – hanno spiegato le psicologhe Orso e D’Introno – perché questo messaggio, essendo vago, non permette a chi eventualmente potrebbe dare una mano di capire verso che genere di pericolo sta andando incontro”. Bisogna allora attingere alle paure ataviche dell’umanità, urlando “Al fuoco, al fuoco!”. Senz’altro a questo SOS istintivamente l’attenzione verrà destata.
Un grazie particolare infine per il successo dell’iniziativa, a cui si calcola abbiano partecipato, chi come apprendista di autodifesa e chi semplicemente come auditor (anzi audtrix), circa cento persone, al Movimento donne Trieste e agli sponsor privati che con il loro contributo hanno dato modo di parlare di violenza urbana alla luce del giorno e in pieno centro città.
Tiziana Benedetti