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MiFID, questa sconosciuta

 |  Redazione Sconfini

Sono centinaia di migliaia i risparmiatori coinvolti nei crack di Cirio e Parmalat e detentori di obbligazioni dell’insolvente Argentina. Colpi bassi, molto ravvicinati nel tempo, un “uno-due” micidiale che annienta la fiducia nel sistema. Raramente è stata l’avidità verso tassi appetitosi a calamitare l’interesse del risparmiatore. Anche perché in realtà in alcuni dei casi sopraccitati nemmeno il premio al rischio era congruo. Spesso viceversa è stata la pressione dell’intermediario a far scoprire titoli a cui nessuno certamente avrebbe mai pensato. Eppure il riconoscimento delle responsabilità è tendente allo zero ed il risparmiatore è abbandonato in una lotta che lo vede, salvo poche eccezioni, inevitabilmente soccombere.

 

Dovrebbe far riflettere il fatto che il sistema bancario nel 1999 avesse crediti nei confronti della Cirio per 900 milioni di euro; che tale debito fosse stato trasformato in prestito obbligazionario e collocato presso privati o fondi comuni; che al momento del crack le rischiose linee di credito fossero state azzerate e che naturalmente nel portafoglio delle banche non vi fosse nemmeno l’ombra di un titolo obbligazionario dell’azienda di Cragnotti.

 

Certo è acqua passata, anche se le vicende dei mutui subprime, sfidano nuovamente la pazienza del risparmiatore ed incrinano ancor di più il rapporto di fiducia con gli intermediari. Ho voluto però rispolverare questi dolorosi argomenti alla luce della nuova disciplina dei mercati, servizi e strumenti finanziari mirata a rafforzare la tutela del risparmiatore e a creare un mercato più integrato, efficace e competitivo all’interno dell’Unione Europea. Infatti dal 1° novembre 2007 è stata recepita a livello nazionale la direttiva 2004/39/CE sui mercati finanziari, conosciuta meglio con l’acronimo inglese MiFID (Market in Financial Instruments Directive) e già approvata dal Consiglio Europeo il 20 aprile 2004.

 

Gli obiettivi che la MiFID si propone sono molteplici. Quello di modernizzare il mercato abolendo l’obbligo di concentrazione nei mercati regolamentati, che fino ad oggi hanno detenuto il monopolio delle trattazioni, potrebbe incentivare la concorrenza e conseguentemente i costi di negoziazione. Anche il conflitto di interessi, tema di cui abbiamo già parlato diffusamente proprio sulle pagine della rivista Help!, entra nel mirino delle autorità. Sia in relazione alle società di rating che classano il grado di solvibilità delle società emittenti le altobbligazioni e dalle stesse vengono pure remunerate; sia a riguardo della mancata separazione tra distribuzione e gestione di servizi finanziari sulla quale è intervenuto di recente anche il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi.

 

È un aspetto molto delicato quest’ultimo. È ovvio che lo stesso istituto che “produce” un fondo d’investimento abbia maggiore interesse a proporlo ai propri clienti in alternativa magari ad altri migliori e più efficaci, ma gestiti da società terze e sui quali di conseguenza ci sono meno ricavi. Ciò non procede certamente nella stessa direzione dell’interesse del risparmiatore e la MiFID imporrà agli intermediari di adottare “ogni misura ragionevole per identificare i conflitti d’interesse e per gestirli in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti”.

 

È indubbio che accrescere la consapevolezza dell’investitore, metterlo nella condizione di poter scegliere al meglio, anche attraverso un aumento dell’informazione e della trasparenza, è un principio sacrosanto. Bisogna fare molta attenzione, però, affinché l’eccesso d’informazioni e la complicazione della loro comprensione risultino infine inefficaci e dannosi tanto quanto la scarsa o cattiva informazione. In altre parole credo che la carenza di una comunicazione chiara, semplice e sintetica si possa trasformare in un pericoloso e controproducente boomerang.

 

La tutela degli investitori, che naturalmente è uno degli aspetti prioritari intorno al quale ruota la normativa, è graduata in modo diverso in basa al livello di servizio prescelto o comunque offerto dall’intermediario abilitato. La modalità “execution only”, cioè la pura esecuzione dell’ordine impartito dal cliente, è il livello di protezione minima. Quella massima è dovuta nel caso di gestione patrimoniale individuale o della consulenza in materia di investimenti dove l’intermediario abilitato è obbligato ad ottenere le informazioni dal cliente e ad assicurare l’osservanza del parametro di adeguatezza degli investimenti. In base ai dati forniti ed alle esperienze acquisite gli investitori saranno suddivisi in tre categorie: clienti al dettaglio, clienti professionali e controparti qualificate (fondi pensione, enti creditizi ecc.).

 

Un altro tema particolarmente caldo trattato dalla MiFID è quello relativo ai cosiddetti “inducements”. Che cosa significa? Semplicemente che dovrà essere esplicitamente dichiarato ogni incentivo che il collocatore percepisce. Un principio di assoluta trasparenza che renderà illecite quelle commissioni implicite che, ad esempio nelle gestioni patrimoniali in fondi comuni, venivano addebitate alla clientela.

 

Le prime conseguenze di questo inedito approccio sono già concretamente visibili: la produzione verso le Gpf (Gestioni patrimoniali in fondi) è crollata; anzi, è iniziato già lo smantellamento di quelle esistenti. Ma come? Non sono state negli ultimi anni uno dei servizi più gettonati dal sistema? Non hanno raccolto fiumi di denaro che uscivano magari dai fondi comuni d’investimento? C’è qualcosa che stride in questo processo.

 

Il prodotto che negli ultimi anni aveva incontrato grandi favori di pubblico, ovviamente spinto dalle direzioni commerciali dei principali istituti, viene messo fuori gioco dalla legge. Forse qualcosa già prima non andava ma lo si è bellamente ignorato? Certo, è proprio così! Ed è facilmente dimostrabile. Oltre alle numerose critiche di cui erano state oggetto a causa delle doppie commissioni (quella del contenitore si va a sommare a quella del fondo sottostante), della poca trasparenza e degli insoddisfacenti risultati, è dovuta intervenire addirittura la Consob per far luce su questo strumento così discusso.

 

Si badi bene che la Consob è l’organo istituzionale di vigilanza del mercato e quindi il fatto che la sua attenzione sia stata attirata da tale tema è, a mio modesto parere, già grave di per sé. Lo studio, commissionato a due tecnici ed elaborato secondo la teoria di portafoglio di Markovitz, si poneva quale obiettivo capire e stimare empiricamente quanto potesse essere sub ottimale per un risparmiatore l’adesione ad un servizio di Gestione patrimoniale in fondi promossi dallo stesso gruppo che offre il servizio di gestione (in altre parole fondi della “casa”).

 

Le conclusioni tratte dalla Consob e pubblicate nell’aprile del 2001 sul “Quaderno di Finanza” n° 47, sono sconfortanti. Un “impacchettamento” di fondi comuni senza nessun valore aggiunto, una gestione spesso inutile che produce al risparmiatore “un mancato guadagno, causato dalla minore diversificazione di portafoglio associata ad una Gpf monomarca, dell’ordine del 10% circa su base annua”. La notizia non è stata censurata.

 

Se ne sono occupati i principali media specializzati mettendo in evidenza le numerose ombre che sono emerse dall’analisi. Poteva forse sfuggire ai non addetti ai lavori, al grande pubblico che non si nutre di giornali finanziari. Ma certamente non a chi si picca di elargire consigli ai risparmiatori aggrappandosi a pennacchi quali “private banker” o similari. Eppure centinaia di migliaia di miliardi di vecchie lire sono affluite proprio nelle casse delle Gestioni patrimoniali in fondi anche dopo la chiara ed inequivocabile esternazione della Consob.

 

Etica, rispetto, correttezza e buon senso evidentemente non sono virtù sulle quali si possa fare affidamento. La MiFID ci sta mettendo una pezza. Ma è il cittadino investitore che deve emanciparsi, togliendo senza nessun timore la fiducia a chi non dimostra di meritarsela, valutando con maggiore criticità le proposte del proprio intermediario e modificando senza esitazioni le scelte allorquando gli interessi non siano coincidenti. Sarà senza il dubbio il miglior modo per incentivare una sana concorrenza che migliori l’efficienza del sistema.

Furio Impellizzeri

vicepresidente Copernico Sim

 

 

In collaborazione con Help!

 

 


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