La conciliazione, questa sconosciuta
Il nostro ordinamento conosce alcuni specifici istituti predisposti per giungere alla composizione delle controversie attraverso accordi, più o meno provocati, che le parti in lite possono raggiungere al di fuori del processo civile ordinario (anche se ipotesi di conciliazione sono previste pure nel Codice di procedura civile: si pensi appunto al tentativo obbligatorio previsto nel processo del lavoro o alle ipotesi di conciliazione devolute al Giudice di Pace).
Tali strumenti – tra cui si devono segnalare almeno l’arbitrato e la transazione – sono comunemente definiti a livello internazionale con l’acronimo ADR (alternative disputes resolution), cioè metodi alternativi di soluzione delle liti, metodi caratterizzati dalla loro alternatività rispetto alla giustizia ordinaria e, quindi, dalla loro stragiudizialità.
Tra i metodi ADR, la figura di maggior spicco è, appunto, quella della conciliazione. In via del tutto generale essa può essere definita come “una delle forme alternative di risoluzione dei conflitti, per la quale un terzo neutrale che non ha poteri sulle parti (il conciliatore), le assiste, affinché queste possano trovare il punto di armonia nel conflitto, facilitando la comunicazione, identificando i punti della controversia, facendo affiorare gli interessi e le necessità ed orientandole verso la ricerca di accordi pienamente soddisfacenti per entrambi”. La conciliazione può, quindi, essere vista sotto un profilo procedurale, cioè come quella serie di atti e comportamenti che vedono coinvolti i tre protagonisti della scena; ma anche sotto un aspetto sostanziale, come l’atto che contiene la sintesi del procedimento e l’accordo vero e proprio.
In Italia la conciliazione ha preso piede a partire dai primi anni ’90. I motivi che hanno portato negli ultimi 15 anni il legislatore italiano a favorire sempre di più la pratica della conciliazione sono principalmente tre. In primo luogo la “crisi diffusa” del sistema giustizia in Italia ed in particolare del processo civile; a fronte di questa situazione di crisi, ormai storica e strutturale, il legislatore ha approntato nel corso degli anni una serie di riforme destinate a decongestionare la macchina della giustizia, e in tale ottica ha assunto una notevole importanza la conciliazione quale strumento alternativo. In secondo luogo una potente spinta alla conciliazione è stata data dalla normativa comunitaria. Da ultimo ha agito l’influsso culturale anglosassone: in Gran Bretagna e, soprattutto, negli USA la conciliazione ha fornito buona prova di sé; da qui la decisione di “importare” questo modello anche da noi.
Nell’ordinamento vigente, il ruolo principe in materia di conciliazione è quello riservato alle Camere di commercio: la legge 580 del 1993, recante la riforma delle Camere di commercio, ha iniziato un processo legislativo volto a valorizzare le modalità extragiudiziali di composizione dei conflitti, identificando proprio nelle Camere di commercio il soggetto istituzionalmente preposto all’amministrazione delle procedure conciliative ed arbitrali volte ad offrire ad imprenditori, consumatori ed utenti modalità di accesso alla giustizia caratterizzate da tempi brevi e costi molto bassi. Le procedure di conciliazione o mediazione offerte dalle Camere di commercio si caratterizzano per la loro volontarietà: anche l’eventuale accordo raggiunto ha natura contrattuale e i rimedi esperibili nei confronti della parte inadempiente sono solo quelli previsti dall’ordinamento in caso di inadempimento contrattuale. Solo la conciliazione in materia di consumo, disciplinata dalle legge 281 del 1998, ha un’efficacia diversa: può essere omologata dal giudice ed assumere valore di titolo esecutivo.
Accanto all’esperienza delle Camere di commercio, la realtà italiana conosce altre ipotesi di conciliazione. Tra esse, meritano almeno di essere menzionate le forme di “amichevole composizione” dei conflitti promosse dalle associazioni di consumatori, l’ombudsman in materia di contenziosi bancari, la conciliazione postale, la procedura di conciliazione ed arbitrato predisposta da Telecom Italia con le associazioni dei consumatori, forse la prima grande esperienza conciliativa nel nostro Paese (è iniziata nel 1989), nonché la conciliazione Corecom, in specie quella promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia.
avv. Augusto Truzzi, Confconsumatori