La tenda della discordia
Sono proprietario di un appartamento in un condominio composto da dodici appartamenti. Metà di questi dispongono, al pari del mio, di ampio balcone posizionato sulla facciata principale dell’edificio. Per regolamento condominiale tali balconi possono essere completati da una tenda parasole di colore omogeneo per tutti: nel caso specifico un verde scuro. Recentemente ho pensato di sostituire il vecchio tendaggio del balcone con uno nuovo di color verde di tonalità leggermente più chiara e con un meccanismo a braccio estensibile (non a semplice caduta come gli altri). Nell’ultima assemblea condominiale mi è stata eccepita dagli altri condomini l’illiceità della mia scelta in quanto il colore leggermente diverso del tendaggio alterava il decoro architettonico dello stabile e il nuovo tipo di apertura del tendaggio creava ombra indesiderata in certe ore del giorno al balcone sottostante al mio. Ho cercato di spiegare le mie ragioni, ma senza fortuna in quanto il condominio unanimemente ha deliberato un’intimazione a mio carico per l’immediata rimozione del manufatto contestato. Il condominio è legittimato nei miei confronti nei termini esposti oppure ho titolo per oppormi?
Lettera firmata
Nel condominio il proprietario dell’immobile è, contemporaneamente, proprietario esclusivo del proprio appartamento e comproprietario, in virtù di comunione forzosa, di alcune parti dell’edificio (tetto, facciate, fondamenta, ecc.). La struttura del condominio si riflette sulla facoltà di disposizione del proprietario sul bene: da una parte, è preservata la regola generale per cui le parti esclusive possono essere utilizzate dal condomino nel modo che esso ritiene più utile e conveniente; dall’altra, il Codice appresta una tutela delle parti comuni e delle altre unità immobiliari appartenenti al complesso, avvalendosi di norme vincolistiche.
Nel dettaglio, il condomino potrà destinare la proprietà esclusiva a un uso piuttosto che a un altro, modificare la destinazione del bene e dar luogo a vere e proprie innovazioni in senso tecnico e giuridico. Queste libertà, tuttavia, sottostanno alla duplice condizione che gli interventi non arrechino pregiudizio alle parti comuni (art. 1122 c.c.) e che non esista un regolamento contrattuale che ponga delle limitazioni alla destinazione e all’uso delle proprietà esclusive.
Entrando nel merito del quesito posto dal lettore, vi è da dire che per quanto riguarda il fatto segnalato (relativo al colore del tendaggio difforme da quello usato dagli altri condomini), questo può essere (purtroppo per il lettore) considerato lesivo del “decoro architettonico dello stabile” se solo si fa riferimento al concetto di questo che la più qualificata giurisprudenza e dottrina hanno ripetutamente così identificato: “L’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante, ed imprimono alle varie parti dell’edificio, nonché all’edificio stesso nel suo insieme, una determinata, armonica, fisionomia, senza che occorra che si tratti di un edificio di particolare pregio artistico (così Corte d’Appello di Genova, Sez. II, 10.12.2005).
Ed ancora: “Per decoro architettonico di un fabbricato, ai fini della tutela prevista dall’art. 1120 c.c., deve intendersi l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante ed imprimono una sua determinata, armonica, fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico” (Così Trib. Monza, Sez. I, 24.09.2005).
Per quanto concerne poi il secondo rilievo eccepito al lettore, ovverosia del danno alla fruizione alle parti comuni dello stabile (nel caso specifico un impedimento alla visuale a causa di coni d’ombra creati dal tipo di tendaggio sostituito dallo stesso), vi è da ricordare che l’art. 1122 c.c. prevede che ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non possa eseguire opere che cagionino danno alle parti comuni dell’edificio.
Il precetto normativo non individua solo i danni strettamente materiali, intesi come modifiche strutturali alla conformazione della cosa, ma comprende ogni ipotesi di modifica, qualora anche esclusivamente funzionale, ovvero l’eliminazione o la riduzione, ottenuta mediante l’influenza dall’esterno, dell’attitudine del bene comune a servire all’uso o agli usi a cui è destinato.
Sulla base di quanto esposto, è evidente che il lettore sia stato oggetto di un’intransigenza (oserei dire un po’ troppo demagogica) da parte degli altri condomini, i quali se è ben vero, com’è vero, hanno fatto ricorso a precisi loro diritti, si sono resi sicuramente responsabili di un’applicazione della norma inaccettabilmente severa e sicuramente non improntata a quel principio di buon senso del rapporto di buon vicinato. Ma… tant’è! I giuristi latini, infatti, affermavano (e non a torto): lex, dura lex… sed lex.
In altre parole, invito il lettore ad accettare la decisione condominiale, pur confermando allo stesso la mia solidarietà di uomo di buon senso, ma – come operatore di diritto – inevitabilmente costretto a non prospettargli alcuna possibilità di opposizione in quanto destinata, in caso contrario, a fallimento sicuro.
avv. Marcello Giordano