Un mercato attorno gli specialisti medici
Carissima Giulia,
il mese di agosto e poi il ritorno faticoso alle usuali occupazioni hanno ritardato la risposta al Suo commento: spero che nel frattempo Lei sia ancora “dei nostri”. Qualche giorno fa ho sentito alla radio dell’ennesimo fatto di malasanità e l’intervistato così ha commentato: “… [denuncio il fatto] perché simili cose non si ripetano più”. Bene, il senso del mio articolo era proprio questo: nonostante il giudizio di Tu.Di.Ma. (scientificamente errato) ed anche se i giudici daranno ragione a Tu.Di.Ma. (scientificamente sbagliando), fatti come quello di un danno derivante da distocia di spalla (da me citato perché di semplice comprensione) continueranno a ripetersi perché non sono evitabili.
L’esperienza da me maturata fin qui in tema di pareri tecnici per colpe professionali (dei ginecologi, non conosco i problemi delle altre branche) mi fa ritenere che in non più del 10% dei casi esiste un reale ed evidente errore medico. E mi sono convinto che sulle spalle dei ginecologi (ma suppongo anche su quelle di altri specialisti) s’è venuto creando, come ho denunciato nell’articolo, un vero e proprio mercato in cui troppe persone guadagnano: senza rischiare e spesso senza conoscere se non vagamente l’argomento di cui sono chiamate a “giudicare”. Talora ho provato nausea intensa. Non c’è mercato attorno ai giudici, agli avvocati, ai commercialisti, ai giornalisti: forse non sbagliano mai? La conseguenza è che in sala operatoria, o in sala parto, tranquilli (non significa superficiali) non ci andiamo più se solo ipotizziamo i guai che potrebbero derivare a noi ed alle nostre famiglie quando una “complicanza” o una “fatalità” vengono giudicate “errori” da persone o incompetenti o in malafede (ho visto entrambe le circostanze). I medici sono stufi.
Come ho denunciato nell’articolo questo stato di cose ha deteriorato, e sta deteriorando sempre di più, quel sano rapporto di complicità che dovrebbe esistere tra medico e paziente in ordine alla lotta contro la sua malattia. Forse quello che è successo a Lei è spiegabile in questa chiave. Spiegare non significa giustificare. Ed a Lei va tutta la mia comprensione. L’articolo è stato scritto in chiave giornalistica, provocando per catturare attenzione. Nell’intenzione doveva essere una bomba. Constato che non è stato nemmeno una bombetta dal momento che ha suscitato solo l’attesa reazione difensiva di Tu.Di.Ma ed il Suo gradito commento. Ne concludo che né Lei né io riusciremo a cambiare quel piccolo mondo che ci circonda. La ringrazio per l’attenzione e mi auguro che Lei continui a leggerci su HELP! e su SCONFINI.
dott. Francesco Morosetti