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Antibiotico: l’uso inappropriato può renderlo inutile

 |  redazionehelp

Alexander Fleming nel 1927 scoprì il primo antibiotico, la penicillina, utilizzato dagli anni ‘40 del secolo scorso. Da allora è stato scoperto un numero crescente di antibiotici, sostanze naturali e sintetiche che combattono le infezioni causate dai batteri e che hanno svolto un ruolo decisivo nel ridurre la mortalità e la stessa frequenza delle malattie infettive.

Si può affermare con ragionevole certezza che la scoperta e l’impiego degli antibiotici, uniti a migliorate condizioni igienico-sanitarie, hanno contribuito a spostare le malattie infettive tra le ultime cause di morte in ordine di frequenza, e che molte delle malattie che in era pre-antibiotica non erano curabili non rappresentano più, nella maggioranza dei casi, un pericolo per la vita.
“Paradossalmente però – afferma il prof. Guido Rasi, direttore generale dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) – l’ampio utilizzo degli antibiotici, in modo non sempre appropriato, ci sta riportando alle stesse condizioni di impossibilità di cura presenti nell’era pre-antibiotica. Attualmente, infatti, un numero crescente di batteri sta diventando, e in molti casi è già divenuto, resistente alle terapie antibiotiche. Sono già stati descritti ceppi (tra cui il micobatterio della tubercolosi) resistenti a tutti gli oltre cento antibiotici disponibili. Esiste la concreta possibilità che questi e altri ceppi divenuti resistenti si sviluppino ulteriormente con il rischio che molti antibiotici diventino inefficaci e non si abbiano più armi per curare le infezioni”. “Il problema – aggiunge – è aggravato dal fatto che il numero di nuove molecole, autorizzate o in sviluppo, è limitato e quindi l’uso appropriato costituisce la principale arma per il controllo delle resistenze”.
La controffensiva che i batteri hanno preparato per difendersi dall’attacco degli antibiotici (antibioticoresistenza) è la strategia evolutiva propria delle specie viventi che li mette in grado di distruggere gli antibiotici o di trovare vie di fuga dalla loro azione. Come fanno i batteri a resistere? Con una mutazione genetica del DNA dei batteri resistenti, attraverso due meccanismi principali: per mutazione spontanea e attraverso il trasferimento orizzontale di geni.
In natura la mutazione è un fenomeno casuale e frequente. Può accadere che una di queste mutazioni sia vantaggiosa per la difesa contro gli antibiotici e che, una volta sviluppata dai batteri una mutazione simile, quest’ultima gli permetta di espandersi anche in presenza di antibiotici. Ma i batteri possono anche acquisire la resistenza attraverso il trasferimento orizzontale" in cui interi geni o gruppi di geni di resistenza già “prefabbricata” da altri batteri possono neutralizzare l’azione degli antibiotici. Anche specie batteriche molto diverse tra loro possono scambiare materiale genetico con conseguente comparsa di resistenze sempre nuove. Sono passati quasi dieci anni da quando l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) lanciò il primo allarme sulle resistenze batteriche: gli antibiotici stanno perdendo efficacia su alcune categorie di batteri. Molte specie batteriche sono diventate resistenti agli antibiotici tradizionalmente utilizzati ed il fenomeno sta rapidamente aumentando a livello globale. Le conseguenze di questa resistenza hanno pesanti ricadute sulla salute individuale e sulla sanità pubblica. Il trattamento di un’infezione causata da un germe antibiotico-resistente è più difficile, costoso e non assicura la guarigione e nella popolazione generale l’antibiotico-resistenza si diffonde.
Nell’ambito dell’Unione europea l’Italia è stato uno dei Paesi con il consumo (misurato in “dosi definite giornaliere” usate ogni giorno ogni mille abitanti) più elevato di farmaci antibiotici, preceduto solo da Francia (che al contrario dell’Italia ha un trend in calo), Grecia e Cipro. A livello regionale è caratterizzato da un evidente gradiente geografico: consumi più bassi al Nord e più elevati al Sud. Le regioni del Centro-Nord hanno dei consumi comparabili ai Paesi scandinavi, mentre tutte le regioni del Sud hanno consumi particolarmente elevati simili a quelli dei Paesi con i consumi più alti.
Al contrario di quanto avviene per i farmaci destinati alla cura di patologie croniche in cui il maggior consumo, nell’80% dei casi, avviene nelle persone con età maggiore di 55 anni, l’impiego degli antibiotici non è caratterizzato da variazioni dipendenti dall’età a eccezion fatta per un uso maggiore in età pediatrica, che è infatti una delle maggiori utilizzatrici di antibiotici, spesso per patologie minori dell’apparato respiratorio e dell’orecchio che sono frequentemente sostenute da virus, anziché da batteri, sui quali gli antibiotici non sono efficaci ed il cui uso è quindi non raccomandato. La prescrizione di un antibiotico in età pediatrica andrebbe quindi attentamente valutata per l’elevato rischio di inappropriatezza dell’uso di antibiotici in questa classe di età.
Un’analisi dei dati prescrittivi della medicina generale (database Health Search) indica che in generale esistono dei possibili problemi di inappropriatezza d’uso. Ad esempio due delle categorie di antibiotici maggiormente utilizzate (cefalosporine e chinoloni) hanno la stessa percentuale d’uso in pazienti con bronchite cronica, sia in assenza di altre patologie respiratorie (dunque a probabile causa virale e dove l’antibiotico non è consigliato) sia in presenza di bronchite cronica ostruttiva o asma, dove invece l’uso di un antibiotico trova quasi sempre una reale giustificazione clinica. Inoltre l’uso di antibiotici nella bronchite acuta “semplice” o “complicata” da broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e/o asma” ha un netto gradiente regionale: una cefalosporina o un chinolone viene usato nel 22% dei casi di bronchite al Nord, nel 40% al Centro e nel 45% al Sud del nostro Paese.
La causa più frequente di prescrizione dei farmaci antibiotici è rappresentata dalle infezioni delle vie respiratorie (60%), seguita dalle infezioni del sistema urinario (9%), dalle infezioni dell’orecchio (6%) e dalle infezioni del cavo orale (6%). In particolare, tra le infezioni delle vie respiratorie la bronchite rappresenta la causa più frequente di prescrizione, seguita dalla faringite, dalla tonsillite e dall’influenza. Nella maggior parte di queste condizioni, a prevalente eziologia virale, l’uso degli antibiotici non sarebbe però raccomandato.
Ignazia Zanzi

BOX: Le ragioni e le regole per assumere gli antibiotici

L’assunzione di antibiotici può far diventare i batteri resistenti ai trattamenti antibiotici, quindi è importante non assumere antibiotici per ragioni sbagliate e in maniera non corretta. In genere l’uso scorretto di un qualsiasi farmaco (perché inutile o sbagliato nelle dosi) causa problemi solo al soggetto che lo assume. Nel caso degli antibiotici, invece, l’insorgenza di antibiotico-resistenza non riguarda solo il soggetto che prende antibiotici, ma si diffonde nella comunità. I batteri non conoscono barriere, perciò se diventano resistenti in un individuo, si diffondono tra individui diversi e nell’ambiente. Per questo il problema dell’antibiotico-resistenza è un problema di sanità pubblica.
Per tutte queste ragioni è importante assumere antibiotici solo quando vengono prescritti da un medico e seguire diligentemente i suoi consigli su come assumerli in modo che possano rimanere efficaci anche in futuro. Infine non bisogna conservare le dosi che avanzano di un trattamento antibiotico: chiedere al farmacista le modalità per smaltire le rimanenze dei farmaci.


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