Tumori della pelle: la diagnosi precoce ha un'arma in più
Contro i tumori della pelle c’è uno strumento in più per la diagnosi, estremamente sofisticato e in grado di dimostrarsi alleato potente nella lotta contro la malattia: è un particolare microscopio in grado di fornire, in tempo reale e senza produrre alcun danno, immagini in dettaglio delle cellule e delle strutture cutanee, con una risoluzione simile a quella istologica.
La tecnica si chiama microscopia laser confocale e consente la diagnosi ancora più precoce della malattia.
“Allo stato attuale – afferma il dottor Giovanni Pellacani della Clinica dermatologica dell’Università degli Studi di Modena – non esistono terapie efficaci per curare la patologia in stato avanzato. Una diagnosi effettuata per tempo, quindi, può salvare la vita, rivelandosi lo strumento più efficace. Il microscopio confocale offre proprio questo”. I vantaggi per il paziente sono numerosi: innanzi tutto la diagnosi avviene in tempo reale, senza attese, ma soprattutto è possibile limitare le asportazioni ai soli casi necessari, evitando così inutili biopsie su lesioni benigne e le cicatrici che queste comportano.
Come funziona questo rivoluzionario microscopio? La luce infrarossa emessa da un laser a bassa potenza penetra nella pelle: le particelle di luce (fotoni) attraversando la pelle incontrano strutture molecolari e cellulari molto diverse che sono in grado di assorbirle, rifletterle e deviarle. La luce riflessa (respinta) torna indietro come immagine luminosa che contrasta con un’immagine scura che corrisponde alle parti che assorbono la luce. Il contrasto tra immagini luminose (luce riflessa) e scure (luce assorbita) danno una rappresentazione simile a quella di un esame istologico. “In questo modo – sostiene il dottor Pier Luca Bencini, coordinatore nazionale di High Tech Dermatology e vicepresidente della Società Laser in Dermatologia – sullo schermo i tessuti malati si distinguono chiaramente da quelli sani. Una volta posizionato sulla lesione cutanea sospetta, il microscopio confocale è in grado di ingrandirla di oltre 700 volte, mostrandone così la struttura cellulare, senza più il bisogno di averla precedentemente asportata come normalmente accade. Per questo il microscopio laser confocale a riflettanza rappresenta il futuro della diagnostica, il superamento della dermoscopia e dello screening nella diagnosi precoce dei tumori della pelle”.
“I vantaggi nell’utilizzo del microscopio laser confocale – spiega Pellacani – sono legati a una diagnosi estremamente precoce ed accurata del melanoma, prima ancora che le cellule maligne inizino il pericoloso processo di invasione. Il microscopio confocale potrà ridurre di circa il 60% il numero di asportazioni chirurgiche non necessarie di nevi di natura benigna”. Sarebbe pertanto un’importante fonte di risparmio per il Sistema sanitario nazionale l’estensione territoriale della metodica. Attualmente il microscopio confocale è disponibile presso l’Istituto di Chirurgia e Laser-chirurgia in Dermatologia ICLID di Milano.
La Clinica dermatologica del Policlinico modenese è stata tra le prime in Italia ad utilizzare il prototipo del microscopio laser confocale, grazie a una donazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. E sono stati proprio e soprattutto i ricercatori del Policlinico che hanno fatto da battistrada alla sperimentazione delle potenzialità di questa attrezzatura, ad aver dato un notevole contributo allo sviluppo ed all’evoluzione dello strumento oggi in commercio, realizzato negli Stati Uniti alla fine degli anni Novanta. Gli importanti risultati scientifici ottenuti presso l’Università di Modena, riassunti in un articolo di Journal of Investigative Dermatology, hanno destato l’interesse del mondo scientifico e clinico della dermatologia a livello internazionale: numerosi ricercatori stranieri provenienti da importanti università e centri di ricerca stranieri hanno frequentato attività di tirocinio presso la Struttura Complessa di Dermatologia di Modena.
Potenzialmente le applicazioni del microscopio laser confocale vanno ben oltre la semplice diagnosi. “Stiamo studiando – chiarisce Pellacani – da un lato il percorso evolutivo dei nevi allo scopo di individuare eventuali precursori di melanoma, dall’altro stiamo cercando di integrare le tecniche di imaging cutaneo con tecnologie biomolecolari allo scopo di caratterizzare l’aggressività biologica del melanoma e di identificare eventuali bersagli molecolari per una terapia mirata”. “Ci auguriamo – conclude – di ottenere presto importanti risultati che possano rendersi in tempo breve utili ai pazienti”.
Come scoprire le lesioni a rischio
In tutto il mondo il numero dei tumori cutanei è in costante crescita e tra questi il melanoma è la prima causa di mortalità. In Italia manca un registro nazionale e le uniche indicazioni a riguardo è possibile estrapolarle solo da alcuni registri regionali; si stimano circa 6.000 casi nuovi all’anno, 12-13 nuovi casi all’anno ogni 100.000 abitanti. Questo tumore maligno origina dai melanociti, cellule che producono la melanina localizzate a livello cutaneo, oppure in sedi extracutanee. Le sedi tipiche per l’insorgenza dei nevi, manifestazioni benigne, sono anche quelle del melanoma.
Il melanoma può svilupparsi de novo sulla cute sana in circa 3/4 dei casi o in associazione ad un nevo congenito o acquisito che si è modificato. Fra i principali fattori di rischio il fenotipo chiaro, la presenza di nevi numerosi o atipici, scottature e ustioni solari nell’infanzia, pregressa asportazione di melanoma. Il melanoma in fase iniziale è sempre asintomatico, raramente pruriginoso, ed è per questo che i criteri usati fino agli anni ’70 (ulcerazione, prurito, sanguinamento, ormai decisamente superati e abbandonati) consentivano solo una diagnosi tardiva, con una sopravvivenza decisamente scarsa in quanto il tumore aveva già dato luogo a metastasi.
L’osservazione dei segni clinici in una neoformazione pigmentata con la regola ABCD ha permesso un notevole passo avanti, consentendo al dermatologo esperto di avere un’accuratezza diagnostica (ma solo del 65-85%) focalizzando l’attenzione sui nevi a rischio, quelli che presentavano una forma irregolare (Asimmetria), bordi indentati a carta geografica (Bordi irregolari), due o più sfumature di colore (Colore) e dimensioni pari o superiori a 6 mm (Dimensioni).
Oggi il dermatologo può avvalersi di tecniche strumentali computerizzate avanzate, basate sull’epiluminescenza, per lo screening, il follow-up (mappatura dei nevi) e la diagnosi precoce del melanoma. Di recente, la dermatoscopia, utilizzata da un dermatologo esperto, ha migliorato sensibilmente la diagnosi precoce nei casi di melanoma di dimensioni inferiori a 6 mm e soprattutto di quelli negativi alla regola ABCD. Una metodica non invasiva che ha ridotto drasticamente il numero delle rimozioni chirurgiche: secondo alcuni studi ogni sette asportazioni solo una è quella del melanoma.
I melanomi aggressivi compaiono in soggetti normalmente non considerati a rischio, di età superiore a 65 anni, di fototipo chiaro, con pochi nevi e che possono presentare una lesione magari senza i criteri ABCD. Questi melanomi hanno una pigmentazione scura nero-bluastra, ma non tutte le manifestazioni scure potrebbero essere un melanoma aggressivo. La lesione a rischio che deve essere sottoposta tempestivamente all’attenzione del dermatologo deve soddisfare i seguenti criteri aggiuntivi alla regola ABCD: la manifestazione si presenta rilevata rispetto al piano cutaneo (E - Elevation); la sua consistenza, palpandola con le dita, risulta aumentata, dura (F - Fixed); è cresciuta rapidamente in poco tempo, pochi mesi o poche settimane (G - Growth). ABCDEFG è una regola australiana per una sinergia d’azione della persona e del dermatologo contro il melanoma aggressivo che può svilupparsi prima del successivo screening (mappatura) dei nevi regolarmente programmato ad intervalli di tempo prestabiliti.
foto: Makhmutova Dina