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Infertilità: un problema in aumento

 |  Redazione Sconfini

Poche persone sono realmente sterili. Il termine di sterilità, infatti, sottende un concetto assoluto, ed esistono soltanto quattro condizioni nelle quali il concepimento non è possibile: la totale assenza di spermatozoi (azoospermia), l’assenza dell’utero congenita (agenesia uterina) o chirurgica (isterectomia), l’occlusione tubarica bilaterale, e la menopausa precoce. Al contrario, il termine d’infertilità non sottende una condizione assoluta: il concepimento desiderato, ancorché non ancora realizzato, è tuttavia possibile, ma diventa sempre meno probabile col passare del tempo e con l’aumentare dell’età della donna.

 

Si definisce “apparentemente infertile” una coppia che dopo un anno di rapporti sessuali intenzionalmente fecondi (non protetti, di frequenza adeguata e mirati sulla data della presunta ovulazione) non riesce a concepire. L’avverbio “apparentemente” sta appunto ad indicare che non necessariamente in quella coppia sono presenti una o più cause d’infertilità; pertanto, il concepimento potrebbe essere possibile, benché non ancora realizzato. Alcune coppie che si presentano con un problema di “infertilità apparente” sono però “realmente sterili”.

 

Una coppia giovane, sicuramente fertile, con attività sessuale regolare, non ha più del 20-25% di probabilità di concepire per ogni ciclo ovulatorio. La probabilità di concepimento spontaneo aumenta con l’aumealtntare del numero dei tentativi; così diventa del 63% entro 6 mesi, 79% entro 9 mesi, 80% entro 1 anno, 90% entro 14 mesi. Al di là di questo periodo la possibilità di concepire naturalmente si riduce, ma non si azzera.

 

La popolazione “apparentemente infertile”, identificata coi criteri esposti sopra, può essere così suddivisa: circa il 21% è realmente sterile; la maggior parte delle coppie infertili (circa 65%) presenta in realtà una condizione di subfertilità, spesso legata all’associazione di fattori maschili e femminili di grado più o meno severo; nel 14% delle coppie infertili non è presente alcun fattore che ostacola il concepimento, perchè lo sperma è normale, i cicli mestruali sono normalmente ovulatori e l’apparato genitale femminile è normale. Si parla in quest’ultimo caso di infertilità da causa inspiegata.

 

Nelle coppie subfertili e nelle coppie con infertilità da causa inspiegata continua a persistere una “fertilità residua”, cioè la possibilità di concepire spontaneamente. La fertilità residua diminuisce gradualmente con l’aumentare degli anni d’infertilità e con l’aumentare dell’età della donna.

 

Dopo un anno d’infertilità “apparente”, la probabilità di concepire entro l’anno successivo è ancora del 60% circa perché solo il 14% di quelle coppie è effettivamente infertile. Ma dopo 5 anni d’infertilità “apparente” il 90% circa delle coppie è effettivamente infertile; infatti, la probabilità di concepire entro l’anno successivo è solo del 3%. All’aumentare del tempo di “infertilità apparente” aumenta per la coppia la probabilità di essere “realmente infertile o sterile”, cioè di avere uno o più motivi che effettivamente ostacolano od impediscono il concepimento, e diminuisce di pari grado la “potenzialità residua di concepimento spontaneo”. Gradualmente nel tempo si selezionano, dunque, quelle coppie che richiedono un trattamento per raggiungere il successo riproduttivo o che sono destinate a rimanere definitivamente sterili.

 

Le donne di età inferiore ai 30 anni hanno una probabilità residua di concepimento spontaneo significativamente maggiore di quelle con un’età superiore ai 30 anni, anche dopo più di 3 anni di rapporti infecondi. Pertanto, la tendenza a posticipare l’epoca del primo concepimento aumenta la probabilità di incorrere in problemi di sterilità ed aumenta il numero delle coppie infertili rispetto al passato. Nella regione Friuli Venezia Giulia sta aumentando l’età della donna alla prima gravidanza, ed il 15-20% delle coppie presenta dei problemi d’infertilità.

 

Le cause d’infertilità vengono tradizionalmente divise in maschili e femminili. L’infertilità maschile è in grandissimo e gravissimo aumento. Gli esperti d’infertilità ci hanno suggerito che il potenziale di fertilità maschile delle popolazioni occidentali ha subito un calo allarmante negli ultimi 10-15 anni, per motivi che ancora non conosciamo. Le “cause maschili” sono difficili od impossibili da correggere, ed in presenza di esse è frequente il ricorso alle tecniche di riproduzione assistita: circa il 40-50% delle coppie che ricorre a queste tecniche presenta un problema “maschile” d’infertilità. Il progresso tecnologico consente attualmente di poter avviare alla riproduzione assistita anche quelle coppie che, fino a pochi anni fa, venivano escluse da qualunque trattamento, cioè quelle in cui l’uomo presenta un’alterazione spermatica di grado estremo, con percentuali di successo paragonabili ai casi in cui invece la causa dell’infertilità è solo femminile. Bisogna poi considerare, ed inevitabilmente accettare al momento attuale, che nel 14% circa dei casi non è possibile identificare alcuna causa d’infertilità.

 

È sulla base di queste considerazioni che si ritiene che dopo un anno di rapporti sessuali intenzionalmente fecondi, ma non coronati da successo, sia giusto assecondare il desiderio della coppia di conoscere l’esistenza delle eventuali cause che stanno impedendo il concepimento, ed avviare l’iter diagnostico. Dietro il problema della sterilità di coppia quasi mai si nasconde una causa che possa minare la qualità o la durata della vita di ciascuno dei due partner; pertanto, il sottoporsi alle indagini diagnostiche resta una scelta volontaria, cui una certa coppia può scegliere di sottoporsi ed un’altra no.

 

Esistono, comunque, delle importanti eccezioni a questa regola generale. In presenza di una storia clinica di uno dei due partner che faccia sospettare l’esistenza di patologie che possano ostacolare l’insorgenza spontanea di una gravidanza, od in presenza di un’età avanzata di uno dei due partner (segnatamente se l’età della donna supera i 35 anni), sarà corretto iniziare più precocemente lo studio della coppia. Data poi la diffusione dei casi d’infertilità maschile, può essere opportuno eseguire un esame del seme anche prima di quel canonico anno: l’esame del seme è innocuo e non invasivo e, se venisse riscontrato un problema maschile importante e risolvibile solo con il ricorso alle tecniche di riproduzione assistita, si otterrebbero risultati tanto migliori quanto più giovane è l’età della donna.

 

Per le coppie che presentano una condizione assoluta di sterilità (assenza totale di spermatozoi, assenza dell’utero, occlusione tubarica bilaterale) la riproduzione assistita può rappresentare l’unica possibilità di concepire.

 

Per le coppie subfertili (cioè quelle in cui siano presenti uno o più fattori che riducono la fertilità senza ostacolarla del tutto, e per le quali il concepimento spontaneo è possibile ma sempre meno probabile col passare del tempo) la riproduzione assistita rappresenta spesso l’ultima possibilità quando altri trattamenti non siano riusciti a ripristinare la fertilità spontanea.

 

Per le coppie con infertilità inspiegata (liquido seminale normale, apparato genitale femminile normale, ovulazione regolarmente presente) la riproduzione assistita rappresenta spesso una scelta rispetto a trattamenti più semplici ma meno efficaci, una volta che, dopo 2 anni di tentativi di concepimento spontaneo senza successo, si possa ritenere, sulla base delle evidenze statistiche, che quella coppia abbia esaurito l’80-90% del proprio potenziale riproduttivo spontaneo.

 

dott. Francesco Morosetti, ginecologo

 

 
In collaborazione con Help!

 

 


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