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Influenza A/H1N1: vaccinare o non vaccinare? Il dubbio: si vuole proteggere il lavoratore o il lavoro?

 |  Redazione Sconfini

Non bastavano le telefonate ormai quotidiane (“che faccio, mi vaccino o no?”), ci mancava solo il direttore di Help! a chiedermi cosa penso della vaccinazione antinfluenzale in gravidanza. Ha respinto le mie obiezioni: non sono un infettivologo; come gli altri so quello che ascolto dalla radio; le idee che mi sono fatto non sono allineate alla posizione ufficiale e quindi sono eretiche; non essendo in possesso di dati scientifici che avvallino quello che penso, sono anche potenzialmente pericolose per la salute pubblica. Ha insistito. Avrei allora alcune domande da porre agli esperti.


Non mi convince l’idea di vaccinare le gestanti al 2° e 3° trimestre. Per quanto il virus sia nuovo, l’influenza così detta “suina” non si manifesta clinicamente in modo dissimile da quello della “stagionale” che compare ogni anno che il buon Dio ci regala ancora: le complicanze sono identiche e la mortalità non sembra superiore, anche se è stata molto enfatizzata. Sappiamo che le donne in gravidanza sono esposte ad un rischio maggiore di complicanze respiratorie importanti rispetto alla popolazione generale. Da qui la prima domanda: perché non si è insistito altrettanto per la vaccinazione negli anni precedenti? E poi mi vengono in mente alcune idee banali: la probabilità di incorrere nelle complicanze si riduce sia aumentando le capacità di difesa dell’ospite (vaccinazione), sia diminuendo il rischio di contagio interumano (profilassi non farmacologica). Non frequentare, per quanto possibile, luoghi affollati – centri commerciali, cinema, Sante Messe, comunità infantili, autobus (così facciamo pure qualche passeggiata, che non fa male) – potrebbe essere un invito da rivolgere con maggior forza alle gestanti. Se poi l’obiettivo – sacrosanto – è proteggerle, perché non se ne dispone l’allontanamento dagli ambienti lavorativi prima dell’astensione obbligatoria ed almeno fino a che il rischio del contagio non sia scemato? Non credo che sia dimostrato che queste misure profilattiche – a rischio zero – siano di valore inferiore rispetto all’intervento vaccinale. I miei genitori mi hanno protetto dalla poliomielite (prima della comparsa del vaccino, s’intende) non mandandomi all’asilo.


Anche gli anziani, ed a maggior ragione i vecchi, sono esposti ad un rischio maggiore di complicanze severe; eppure la vaccinazione antinfluenzale pandemica non verrà offerta ai soggetti con più di 65 anni perché si tratta di una categoria non prevista dai piani ministeriali e regioaltnali. Al perché di questo comunicato stampa, inviato ai medici, segue una sgradevole motivazione dogmatica e non una convincente spiegazione scientifica (perché è una categoria non prevista?).


Se poi il virus della “suina” è così diffuso e pericoloso allora non mi convince nemmeno l’idea di non vaccinare le gestanti al 1° trimestre. Già vedo lo sguardo compassionevole di qualcuno: non sai che nel 1° trimestre non si possono eseguire vaccinazioni contenenti virus vivi e attenuati per il rischio d’indurre una patologia malformativa fetale? Anche stavolta mi pongo alcune domande banali. Il feto rischia di più con l’induzione della micromalattia vaccinale, o con l’esposizione alla macromalattia dallo stesso virus non attenuato che può insorgere da un contagio interumano? Se il rischio di contagio è alto e la malattia è effettivamente pericolosa, è altrettanto alto il rischio che corrono le gestanti nel 1° trimestre: in questo caso il “rischio vaccinale” potrebbe essere inferiore al “rischio malattia”; se è basso perché vaccinarle nel 2° e 3° trimestre invece di limitarsi alla profilassi non farmacologica com’è stato negli anni precedenti? Il problema è forse che una qualunque malformazione fetale insorta dopo una vaccinazione sarebbe attribuita a questa (senza poter sapere se sarebbe capitata ugualmente) con un’inevitabile richiesta risarcitoria, mentre nel caso dell’influenza spontanea non si potrebbe dare la colpa a nessuno né pretendere denaro da chicchessia?


Le mie perplessità non hanno una base ideologica, sempre ottusa e particolarmente nelle questioni scientifiche: non contribuisco ad aumentare la schiera di quelli che hanno immodificabili preconcetti sui vaccini. Se mi sarà risposto in maniera convincente non avrò la minima difficoltà ad ammettere l’errore ed a ritornare sui miei passi. Intanto, però, non bastavano le telefonate ormai quotidiane (“che faccio, mi vaccino o no?”), ci mancava anche il direttore di Help! a sentire puzza di bruciato.

 Francesco Morosetti, ginecologo

 


In collaborazione con Help!

 


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