Il ciclamino avvelenato
Il suo nome deriva dal greco kuklos, che vuol dire cerchio, simbolo dell’universo e dell’eterno ciclo di rinnovamento. Perché questo nome? Alcuni pensano per la forma circolare del bulbo, altri per la caratteristica degli scapi di alcune specie di avvolgersi sopra se stessi abbracciando in diversi cerchi i semi che maturano vicino al terreno; alcuni studiosi, infine, associando la forma del ciclamino e l’etimologia della parola all’utero della donna, reputavano che la pianta fosse in grado di facilitare il concepimento.
Questa peculiarità, nei tempi passati, ha fatto ritenere il ciclamino un fiore dalle forti virtù magiche: ad esempio, esso veniva piantato attorno alle case per proteggerle dalle influenze negative ed allontanare il maleficio; oppure era usato per abbellire la camera da letto dei novelli sposi, come segno d’augurio di fertilità alla nuova coppia; infine, la sua essenza, ritenuta un portafortuna, veniva usata per far innamorare a distanza la persona amata. Lo stesso filosofo Teofrasto, discepolo di Aristotele, soleva scrivere, nel terzo secolo a.C., che il ciclamino era utilizzato per eccitare la sensualità e l’amore.
Come spesso accade, anche attorno al ciclamino, in tempi lontani, sono germogliate numerose leggende e credenze popolari, quasi tutte incentrate sul liquido velenoso racchiuso nelle sue radici tuberose: una per tutte sosteneva che questo veleno, in dosi opportune, fosse il miglior toccasana contro i morsi dei più velenosi serpenti. Le leggende popolari, sebbene poi smentite dalla cruda realtà, prendevano però spunto da fatti veri: in tempi remoti, quando era difficile distinguere i vegetali intossicanti da quelli commestibili, molti provarono a mangiare le piccole “cipolle” del ciclamino, con la conseguenza che il loro intestino andò a soqquadro.
Gli unici che gradiscono i bulbi del ciclamino nella propria alimentazione sono i maiali, che ne sono ghiottissimi e nei boschi ne vanno a caccia col proprio grifo, come se cercassero tartufi; tanto che la pianta di ciclamino è popolarmente definita pan porcino. Ricordiamo ancora che, sempre in tempi passati, il tubero del ciclamino veniva utilizzato dalla medicina popolare come purgante, emmenagogo, antielmintico, ed in certi casi persino come abortivo. L’esperienza, fortunatamente, ha insegnato all’uomo ad abbandonare tali usanze.
Nel linguaggio simbolico dei fiori, proprio a causa delle apprensioni che ha destato in passato, il ciclamino comunica messaggi di diffidenza e di poca fiducia: un invito a migliorarsi od anche un ammonimento “minaccioso” nei confronti di chi non si sta comportando bene. Diffidenza perché, a dispetto della sua bellezza e delle sue ipotizzate virtù magiche, le radici detengono una piccola quantità di veleno. Oltre a quest’interpretazione simbolica, ovviamente, come accade per tutti i fiori, esistono molti altri significati che vengono attribuiti al ciclamino. Ecco i più diffusi: modestia ed umiltà, amore senza pretese, semplicità, diffidenza, bellezza, gelosia, sentimenti duraturi, solitudine, rassegnazione ed addio.
Concludiamo con una nota più propriamente botanica. La pianta di ciclamino è originaria dell'Asia Minore ed appartiene alla famiglia delle Primulaceae. Si tratta di piante perenni e tuberose, di cui oggi si conoscono all’incirca una quindicina di specie, sparse tra le montagne dell’Europa meridionale ed il bacino del Mediterraneo. Indigene del nostro paese sono tre: il Cyclamen repandum (primaverile), il Cyclamen neapolitanum (autunnale), ed il Cyclamen europaeum, anch’esso fiorente in autunno.
A.V.