Nuove scoperte: il bosone di Higgs
Cos’è la “particella di Dio”? È forse la risposta scientifica alla domanda divina sulla creazione dell’universo e di tutte le cose? La risposta è semplice, anche per i profani della fisica o per i poco ferrati in materia: è la particella all’origine dell’universo. Attenzione però a non farsi prendere dall’entusiasmo e alle informazioni scientificamente poco attendibili. Infatti, tra tutte le affermazioni diffuse, in particolare sui social network, quella in assoluto più falsa è quella che vuole la dimostrazione di questa particella come una prova dell’esistenza di Dio.
All’inizio di luglio si è diffusa la notizia concernente l’esistenza della particella all’origine dell’universo; infatti, essa è stata catturata finalmente e senza alcun dubbio nel super-acceleratore LHC (Large Hadron Collider) del Cern di Ginevra, la più grande macchina scientifica mai costruita, del diametro di oltre 20 chilometri che passa dal confine svizzero alla Francia e ritorna indietro, formando una ciambella. La data precisa è quella del 4 luglio 2012, giorno in cui al Cern, il più grande centro di ricerca di fisica nucleare al mondo, dove lavorano centinaia di italiani sia come dipendenti del Centro in Svizzera che del nostro Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), è stata annunciata al mondo questa scoperta. Il clima era quello da première di Hollywood con code infinite per accaparrarsi un posto in una delle sale in cui è stata trasmessa la conferenza scientifica e quella stampa e parterre de rois in prima fila, con una sfilza di premi Nobel e altri protagonisti del panorama della fisica.
Dopo cinquant’anni di ricerca, la milanese Fabiola Gianotti e l’americano Joe Incandela, portavoce dei rispettivi esperimenti, hanno illustrato davanti alla comunità scientifica le loro conclusioni dell’ultima fase di indagini, iniziata nel dicembre 2011 quando, sempre al Cern, avevano presentato i primi indizi dell’esistenza della fatidica particella. Ed anche Peter Higgs, lo scienziato inglese che nel 1964 ne teorizzò l’esistenza e da cui questa prende proprio il nome, era a Ginevra, evidentemente emozionato. Dopo miliardi e miliardi di scontri fra particelle, creati appositamente a velocità prossime a quelle della luce, i risultati parlano chiaro: con solo una parte su un milione di incertezza, il bosone di Higgs esiste.
E leggendo i giornali sicuramente molti avranno pensato: “Wow, incredibile! Ma… che cos’è?”. La cosiddetta “particella di Dio”, il cui nome tecnico è bosone di Higgs, è una particella che garantisce la massa a tutte le altre particelle subatomiche della materia, della quale anche noi siamo formati. In parole povere, essa consente ad ogni cosa di avere “massa” e quindi permette l’esistenza della materia così come la conosciamo. Senza il bosone di Higgs, che completa il quadro del Modello standard, che elenca tutte le particelle elementari che costituiscono gli atomi, oggi non esisterebbe la materia, la Terra e la stessa umanità. Il primo passo per affrontare un problema fisico è di riuscire a trovare la densità di energia legata al problema da capire; con il bosone di Higgs si possono fare questi calcoli senza avere risultati divergenti.
La “particella di Dio” ha due proprietà straordinarie: innanzitutto è un’autentica pallina, non dotata di moto intrinseco rotatorio come una trottolina, ed è provvista di massa immaginaria. Incredibilmente però, qualsiasi cosa che compone il mondo che noi conosciamo non è fatta di palline, bensì di trottoline e queste sono di appena tre tipi: protone, neutrone ed elettrone. Il protone ed il neutrone sono fatti ciascuno da tre trottoline fondamentali, dette “quark”. L’elettrone, invece, è esso stesso trottolina fondamentale. Riassumendo non esiste alcun tipo di particella fondamentale che sia di tipo “pallina” con massa immaginaria.
Questa particella ha una massa tra i 125 ed i 126 gigaelettronvolt (GeV), unità di misura che vale miliardi di elettronvolt e che si usa nel mondo dell’infinitamente piccolo, dove un grammo è una montagna più grande dell’Everest. Per fare un confronto con dimensioni a prova di uomo, è grande appena 126 volte in più di un protone, la cui massa vale un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di chilogrammo, insomma un numero decimale con ventisette zeri dopo la virgola. È una particella davvero minuscola, ma con implicazioni grandissime. Completando la teoria delle particelle che il Modello standard definisce, essa spiega come la massa esista ed anche la possibilità della nostra esistenza.
Il ruolo del nostro Paese per portare alla luce tale scoperta è stato tutt’altro che secondario: l’Italia è stata presente dall’ideazione degli esperimenti alla loro costruzione, fino alla responsabilità dell’analisi dei dati. Con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare l’Italia ha partecipato all’acceleratore LHC stanziando 480 milioni di euro in sei anni, dai quali ha avuto un ritorno di circa 400 milioni in termini di introiti per le cinquanta aziende italiane coinvolte nel progetto. L’Italia partecipa inoltre con 600 ricercatori. Potrebbe parlare italiano anche il futuro della ricerca sul bosone di Higgs, grazie all’acceleratore Super B, la cui realizzazione è prevista nel Programma nazionale della ricerca. Per il responsabile del nuovo acceleratore, Roberto Petronzio, la macchina potrebbe permettere di fare analisi dettagliate delle particelle individuate dal grande LHC: “Si sta aprendo una finestra importante – ha detto – e l’Italia è in prima fila”.
Come per ogni scoperta sia l’entusiasmo che lo scetticismo non mancano mai, non solo dal mondo scientifico, ma soprattutto dall’opinione pubblica. Dopo aver letto di tanto entusiasmo, ho voluto curiosare tra i vari commenti degli utenti sui forum scientifici e non ed ho trovato questo pensiero, che a mio parere riflette perfettamente il sentire dei più scettici a riguardo: «Alla fin della fiera a cosa serve? Hanno speso una barcata di soldi, perché? Boh… a far lavorare qualche migliaio di ricercatori… a far scrivere un mucchio di articoli sui giornali… a far blaterare tanta gente che non ne capisce nulla… a fare le pernacchie agli americani che non hanno una super-macchina da ricerca come noi europei… a far ammattire tutti quelli che erano convinti che l’universo fosse nato da un “brodo primordiale”, ed ora incontrano il bosone in tutte le particelle che compongono l’universo. Non so, a noi poveri mortali che cosa ne viene in tasca? Ma l’uomo deve sempre cercare, provare e vincere altrimenti che “uomo” è? Forse, il bosone ci aiuterà a costruire le astronavi che ci permetteranno di lasciare la nostra Terra, quando avremo finito di distruggerla».
Nonostante ciò l’osservazione del bosone di Higgs apre le porte ad un nuovo capitolo della fisica delle particelle e della comprensione del mondo così come lo conosciamo. Sapere che la Terra non crollerà sotto i nostri piedi è alquanto rassicurante.
Martina Pluda