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John Schnobrich

Mezzi di comunicazione: le notizie ora volano on line

 |  redazionehelp

Punto di svolta nel mondo dell’informazione. La notizia non ha trovato ancora spazio nelle prime pagine dei giornali italiani o nei titoli d’apertura dei nostri Tg, ma è rimbalzata subito nel web ed è di quelle che potrebbero segnare l’inizio di un cambiamento epocale nel sistema dei mass media.

In base ad un recente studio del Pew Research Center’s Project for Excellent in Journalism, la raccolta pubblicitaria e i lettori on line negli Stati Uniti hanno superato per la prima volta la carta stampata. I dati parlano di un 46% di americani che almeno tre volte alla settimana accede alle informazioni in Internet a fronte di un 40% che si rivolge abitualmente ai quotidiani e ai loro siti web. Una “migrazione” quindi sempre più massiccia verso blog, social network (come Facebook o Twitter), testate, siti e portali on line accessibili via pc, ma anche con i tablet – tipo l’iPad – e gli smartphone di ultima generazione. A questa tendenza va poi associato l’aspetto economico-finanziario della raccolta pubblicitaria, linfa vitale per l’editoria privata, che negli ultimi quattro anni sui giornali cartacei ha segnato un calo del 46% (22,8 miliardi di dollari complessivi) rispetto al deciso aumento della pubblicità on line (25,8 miliardi di dollari solo nel 2010).
Al di là comunque dei numeri e delle percentuali, importanti chiavi di lettura di una rivoluzione tecnologica complessa e ancora in atto, sembra arrivato però il momento di provare a fare il punto sui nuovi media, sulla trasformazione digitale, sulla professione giornalistica e sui possibili scenari futuri dell’informazione. Partendo innanzitutto dal capire quali siano i reali vantaggi di Internet – visto come spazio sociale di aggregazione, confronto e scambio di notizie, oltre che luogo del tanto discusso “giornalismo partecipativo” (citizen journalism) – rispetto ai tradizionali mezzi di comunicazione come carta stampata, radio e tv.
“È la velocità del web – spiega Roberto Altieri, giornalista ed esperto di new media, ospite di un recente incontro sul tema tenutosi al Circolo della Stampa di Trieste – il vantaggio più evidente, perché oggi in Internet le notizie si bruciano veramente all’istante. Prendiamo ad esempio la recente “Primavera islamica”, una rivoluzione che è passata e sta ancora passando attraverso Twitter e Facebook, e che ha nettamente battuto sul tempo i mezzi tradizionali di comunicazione. Il quid in più dei new media, come appunto i social network, sta proprio in questo: nella capacità di dare un’informazione immediata e continua senza seguire il classico ciclo informativo, che iniziava da una redazione di giornalisti, passava poi alla tipografia e finiva con la distribuzione del quotidiano cartaceo. Il che non significa la morte del giornale, ma ne determina un’inevitabile trasformazione. Pensi che il Financial Times ha un sito web aggiornato in tempo reale, mentre l’edizione su carta contiene solo il 20% di notizie del giorno prima, perché viene arricchita da contenuti di altro tipo. Tirando le somme potremmo dire che oggi i media digitali hanno il compito dell’informazione rapida, della condivisione e della partecipazione. La carta stampata invece ha sempre più una funzione di approfondimento, pur restano il mezzo di comunicazione che si legge ancora al bar o nel salotto di casa”.
Ma a parte il fattore velocità, quale effettivo contributo possono dare i blog, i social network e il citizen journalism al sistema dei mass media? “Un contributo molto importante – risponde Altieri – dal momento che creano nuovi spazi informativi. Dopo la radio e la televisione è infatti il mondo digitale, soprattutto in questa fase di complementarietà al “pianeta Gutenberg”, che per la prima volta consente di aprire luoghi diversi di confronto alla comunità e al sociale. La vera notizia sta proprio nella comunità e nella capacità di lavorare sull’informazione e sui servizi a lei indirizzati. Oggi la funzione di Internet non è tanto quella di farmi sapere cosa succede o che ora è alle Isole Samoa, ma di recuperare invece l’informazione iperlocale che attraverso i canali digitali consenta un accesso rapido e a basso costo a molteplici servizi del nostro territorio. Perché oggi è importante sentire la comunità e dialogare con essa”. “In Italia – prosegue Altieri – abbiamo già degli esempi interessanti di nano publishing, una sorta di micro editoria che partendo da software aggregatori di blog va in giro per la rete a cercare temi o argomenti specifici, raggruppandone notizie e informazioni. Un terreno fertile anche da un punto di vista pubblicitario, in un mercato che tutti i massmediologi definiscono sempre più come una conversazione dove la parola d’ordine è “share”, cioè condividere”.
Le carte vincenti della rivoluzione on line, dunque, sono sostanzialmente tre: un codice unico per la condivisione di documenti su hardware e software di lettura comune, la forza globale della rete che aumenta l’intelligenza dell’intero sistema, la capacità di riorganizzare il materiale su un particolare argomento attraverso un database (archivio di testi, video e immagini) che digitalizzi la memoria e il passato. Il fatto certo è che in un’epoca di rapide trasformazioni tecnologiche, Internet, blog e social network rappresentano per svariati aspetti la fotocopia della nostra società. Qualcosa con cui anche il mondo dell’informazione deve confrontarsi, con uno spirito aperto e di interazione col lettore. Perché da ora in poi le notizie non arriveranno più dal giornalista d’una volta, ma da altri soggetti (blogger, community manager) capaci di usare l’istantaneità e la velocità dei nuovi mezzi di comunicazione. “Partirà da Facebook – sostiene Altieri – la prossima rivoluzione e non dalle redazioni dei giornali. Tenendo presente che il messaggio vero è il medium, parafrasando il sociologo Marshall McLuhan, tanto che nel mondo stanno crescendo gli investimenti nei nuovi supporti mediatici e si stanno creando redazioni ad hoc per giornali a pagamento su iPad”.
Esistono tuttavia dei rischi. Quelli della cosiddetta “informazione liquida” dei social network (dove tutti possono scrivere e raccontare di tutto), delle notizie non verificate, banalizzate, soggettive, che non sono informazione. E ancora della propaganda e della possibile confusione tra blogger, community manager e giornalista tout court. Secondo Altieri, “con la moltiplicazione delle fonti e delle notizie resta indispensabile il filtro di professionalità del giornalista”. “Giornalista – precisa – che non sarà più il depositario della notizia di prima mano, ma dovrà ritagliarsi un ruolo diverso come organizzatore e gestore del flusso informativo. In molte testate negli Usa, ad esempio, esiste già la figura del “fact checker” (verificatore dei fatti), il cui parere è fondamentale per la pubblicazione o meno di un articolo”.
Ma alla fine, in mezzo a questa rivoluzione mediatica, quale sarà il futuro del quotidiano cartaceo? E come dovrebbe cambiare per stare al passo coi tempi? “Il giornale tradizionale – sottolinea Carlo Muscatello, redattore delle pagine culturali de Il Piccolo – deve mutare completamente il suo ruolo, la sua prospettiva di lavoro e operare in sinergia con gli altri media. Non potrà più essere quello di una volta, ma dovrà diventare uno spazio di approfondimento e di rilancio dei temi e delle notizie. Perché bisogna dare per scontato che oggi il quotidiano – e basta citare gli esempi del terremoto in Giappone o della guerra in Libia – arriva quando la notizia ce l’hanno ormai tutti”. “Detto questo – conclude – la previsione funerea della fine del giornale cartaceo è quindi sbagliata. Pur restando evidente che le generazioni dei “nativi digitali” – quelle dei ragazzi che oggi hanno 10, 15, 20 anni – avranno un approccio alle notizie e utilizzeranno strumenti molto diversi da chi è nato invece con la carta stampata e l’informazione tradizionale”.
Claudio Bisiani


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