Il romanzo di Trieste, di Manlio Cecovini
Conoscere la storia per capire Trieste e le origini della sua intima inclinazione autonomista. "Il romanzo di Trieste. Storia di un autonomismo" (Bastogi Editrice Italiana), l’ultima fatica letteraria di Manlio Cecovini, probabilmente una delle ultime figure di spicco nel panorama contemporaneo della cultura giuliana e regionale, dipinge un nitido ritratto di Trieste dalla preistoria fino alle soglie dell’odierna sfida europea. In questo saggio Cecovini racconta le tappe salienti che condussero la piccola Tergeste a diventare, attraverso i secoli, quel laboratorio di eterogeneità che abbracciò per scelta la cultura italiana e per vocazione l’autonomia.
Il volume si apre con un rapido excursus sui primi insediamenti di queste zone, databili all’età neolitica. Passata la preistoria si giunge ad una fra le tappe fondamentali che segnarono una svolta decisiva per il destino della città giuliana: la romanizzazione. All’ombra di Aquileia, infatti, in mezzo a continue guerre ed invasioni, la piccola Tergeste cresceva così tanto che i Romani «ne apprezzarono la potenziale portualità». L’importanza strategica della cittadina s’irrobustì a tal punto da ottenere la “promozione” a colonia romana, con tutti i vantaggi che ne derivarono. In seguito, in particolare sotto Giulio Cesare e Ottaviano Augusto, Tergeste visse uno dei momenti più intensi della sua storia. Sono di questo periodo, fra l’altro, il teatro ai piedi del colle che poi si chiamerà San Giusto, la basilica e l’Arco di Riccardo. La parentesi nota come “Pace Romana” durò ben quattro secoli, «sufficienti – scrive Cecovini – perché Trieste imparasse, pur senza rendersene conto, di appartenere ad un qualcosa che un giorno si sarebbe chiamato Italia».
Il libro affronta di seguito gli anni delle imponenti migrazioni di popoli dall’Est che determinarono, anche «con la forza corrosiva del Cristianesimo», il progressivo crollo dell’Impero Romano. Nel passaggio dal Medio Evo all’Evo Moderno, attorno quindi al Trecento, «la piccola ma vivace Trieste», come la definisce l’autore, sebbene formalmente ancora contea vescovile, dimostra già la sua genetica predisposizione all’indipendenza. Cecovini si sofferma in particolare su un aspetto importante di questo momento storico: la nascita dei Comuni. «La tendenza all’autonomia amministrativa – scrive a riguardo – è generale, ma Trieste è insofferente ad ogni giogo, unica fra l’altro a resistere orgogliosamente allo strapotere di Venezia».
Tuttavia, alla fine del XIV secolo, si apre il lunghissimo periodo della dominazione austriaca che durò dal 1382 al 1918. Dalla celebre “Dedizione” all’Austria, l’autore traccia con minuziosa precisione tutta una serie di vicende storiche che videro Trieste al centro di dispute e contese fra l’Impero Austroungarico, Venezia e infine la Francia. Il tutto attraversando il Risorgimento e l’Irredentismo con il primo ritorno all’Italia, soffermandosi sulle figure di Pietro Kandler e Domenico Rossetti, «personaggi chiave – sostiene Cecovini – per capire la specialità dell’autonomismo, e quindi l’anima di Trieste».
I capitoli conclusivi dello scritto raccontano il tramonto del giogo austriaco, il ventennio fascista e la parentesi drammatica del secondo dopoguerra fino al 1954, anno del definitivo ricongiungimento di Trieste alla madrepatria.
Le ultime pagine, invece, sono rivolte ad una riflessione, fra storia e cronaca, sulla sorte di Trieste e dell’intera nostra regione nel futuro scacchiere europeo. «Come si salva Trieste?», si chiede Cecovini. La soluzione migliore, secondo l’autore, va ricercata nella «formazione di due Regioni, il Friuli e la Venezia Giulia, la prima con capitale Udine, la seconda con capoluogo Trieste», oppure attraverso «l’autonomia rispetto al Friuli sul modello del Trentino-Alto Adige».
L’opera di Manlio Cecovini rappresenta una sorta di memoriale che mescola storia, politica e cultura, svelando le complesse sfaccettature della “polis tergestina”, del suo modo di essere e di pensare, del suo desiderio profondo d’italianità. Con stile lineare e diretto Cecovini dipana le articolate vicende storiche che hanno portato Trieste ad affacciarsi oggi alla nuova Europa, fra mille perplessità e contraddizioni, ma nella consapevolezza di un passato che poche città possono vantare. La fotografia di una realtà unica e irripetibile che facendo leva proprio su queste peculiarità deve riscoprire il gusto del rischio, seguendo l’eredità e gli insegnamenti di ieri.
Claudio Bisiani