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Il conto corrente condominiale

 |  Redazione Sconfini

 

IL FATTO. Nel corso dell’ultima assemblea condominiale, il nostro amministratore si è detto contrario all’apertura di un conto corrente condominiale. È vero che

è obbligatorio, per ogni stabile, avere un conto “personale”?  (Lettera firmata)

 

LE CONSIDERAZIONI. “È molto strana questa presa di posizione da parte dell’amministratore di questo condominio – si stupisce Daniele Dolce, titolare dello studio di amministrazione stabili Samaritan – poiché, anzi, è molto frequente la situazione opposta, che prevede una certa insistenza da parte dell’amministratore a far aprire un conto corrente al condominio”. In passato, effettivamente, erano molto diffusi i “conti calderone”, ma oggi non è più così. “Fino a 15-20 anni fa – spiega Dolce – per un amministratore poteva essere funzionale e conveniente avere un conto calderone unico, all’interno del quale far convergere tutti gli stabili e le gestioni dello studio, ma oggi i ridicoli tassi d’interesse, la tecnologia, Internet e l’home banking hanno radicalmente cambiato le carte in tavola”.

 

Fino ad alcuni lustri fa, in pratica, gli amministratori avevano un unico conto corrente presso la banca più vicina al loralto studio. Tutti i denari degli stabili confluivano in questo conto calderone e quotidianamente il buon amministratore faceva le operazioni necessarie. I costi per la tenuta del conto, ovviamente, erano a carico dell’amministratore che però, nel caso in cui il conto era ben gestito e con buona liquidità, si rifaceva ampiamente con gli interessi, che sfioravano in alcune circostanze il 15% lordo annuo. Si pensi che i grandi studi di amministrazione stabili gestivano all’epoca oltre un miliardo di lire. Ma questo del conto calderone, rappresentava fino a qualche anno fa una necessità anche dal punto di vista operativo: senza Internet e l’home banking, infatti, era estremamente difficile gestire di persona decine di conti correnti diversi. Dal punto di vista gestionale sarebbe stato un impegno improbo.

 

Poi, però, come già anticipato, la rivoluzione informatica (e i radicalmente mutati tassi di interesse) ha modificato lo scenario in modo sostanziale. “A disposizione degli amministratori di condomini – chiarisce Dolce – sono disponibili da alcuni anni dei software collegati a tutti i conti correnti dei condomini che gestiamo. Grazie ad essi, in tempo praticamente reale, possiamo controllare la situazione dei singoli conti, disporre bonifici, incassare pagamenti, pagare imposte e tributi senza alzarci dalla nostra scrivania”. In questa situazione i costi (sempre troppo alti) e gli interessi attivi (sempre troppo bassi) ricadono sui condomini e non più sugli amministratori.

 

A spingere verso la scelta di conti correnti condominiali, anche una questione di sicurezza. Ad un delegato del condominio, infatti, può essere riservata la possibilità di andare in banca a leggere i movimenti del conto. Non ha la possibilità di disporre pagamenti o bonifici, ma ha la possibilità di controllare che l’amministratore non combini qualche disastro, come già avvenuto nel recente passato.

 

In conclusione, tornando alla domanda del nostro lettore, la risposta del nostro esperto Daniele Dolce è telegrafica: “L’amministratore può sconsigliare l’apertura del conto corrente condominiale dal momento che non è obbligatorio, ma in ogni caso, se l’assemblea sovrana vota in maggioranza per l’apertura del conto, l’amministratore deve eseguire la volontà dei condomini”.

G.M.

 

 In collaborazione con Help!

 

 


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