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Robert Collins

Solidarietà: l’associazione Bambini del Danubio

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La convenzione internazionale sui diritti all’infanzia del 1989 è stata una tappa fondamentale nel lungo percorso storico per realizzare un mondo a misura di bambino. In questi vent’anni si sono compiuti enormi progressi sul fronte dei diritti dell’infanzia, ma molto resta ancora da fare.

Tantissimi bambini oggi non possono giocare, non possono essere felici perché vittime della violenza, della guerra, della fame e della malattia.Sono società tristi e disperate quelle dove i bambini non possono vivere serenamente la loro età e gli adulti hanno il dovere morale di tutelarli in questa fase delicatissima di crescita che andrà ad influenzare fortemente tutta la loro vita.Oggi il mondo e l’Europa attraversano un momento particolarmente grave di crisi economica. Questo tempo, tuttavia, non deve condurre a limitazioni che si basano solo su un’analisi strettamente finanziaria. Deve al contrario, spingere verso un’educazione di tutti i cittadini a quello che oggi si legge sui nostri dizionari sotto la voce “solidarietà”. Per sua natura una società civile dovrebbe essere solidale e coesa. A tal fine un compito specifico spetta alle istituzioni, in quanto sono chiamate a mettere a disposizione dei cittadini tutti i mezzi necessari per una condizione di vita dignitosa e armoniosa. Tuttavia, quando le politiche attuate risultano insufficienti e le istituzioni non riescono a far fronte alle richieste, è la società civile che va a riempire il vuoto istituzionale, pensando e progettando soluzioni non virtuali, ma concrete alle problematiche reali delle persone.
Oggi l’idea dominante è quella che punta a considerare l’investimento sociale un retaggio del passato. L’unica ricetta proposta è che ciascuno faccia da sé. È un’idea che non dà più libertà, ma che la toglie. È un’idea povera e perdente, che produce nuove e gravi disuguaglianze sociali e conflitti pesanti nelle nostre società. Si può e si deve investire nella coesione sociale, nella comunità e nella solidarietà. È quello che ha deciso di fare l’associazione “Bambini del Danubio” (www.bambinideldanubio.org) che dal 2005 opera sul nostro territorio, dando aiuto e sostegno alle famiglie bisognose. In particolare, finanzia cure mediche ai bambini gravemente ammalati appartenenti a famiglie non abbienti che risiedono nell’area danubiana-balcanica, anche se nel corso degli anni l’aiuto si è esteso anche a bambini che provenivano da Paesi poveri ben lontani da questi confini, come l’Africa, il Sudamerica e l’Asia. Gli interventi e i ricoveri hanno avuto luogo per la maggior parte dei casi a Trieste, presso il Burlo Garofolo, ma anche in altri ospedali italiani o in altre cliniche situate in Serbia, Albania e Austria.
Più nello specifico, l’associazione si assume l’impegno di sostenere i costi per il trasporto, le cure medico-chirurgiche e il supporto logistico ai familiari che accompagnano il bambino. Non solo, nel corso del 2006 l’associazione ha ritenuto opportuno offrire un sostegno alle famiglie del Friuli Venezia Giulia che versano in situazioni di particolare disagio socioeconomico. Gli interventi in questo settore sono stati attuati grazie al rapporto di collaborazione con la Comunità San Martino al Campo, suggellato da un ulteriore intervento che riguarda l’ampliamento della struttura destinata all’accoglienza notturna di persone senza fissa dimora, sita in via Udine a Trieste, da poco inaugurata. Questa iniziativa permette non solo di duplicare la capacità di accoglienza, ma anche di offrire, in casi di particolare necessità, un accoglimento di più lunga permanenza.
Inoltre, l’associazione nel 2007 ha firmato un accordo con la Comunità Sant’Egidio al fine di impegnarsi nella battaglia contro l’epidemia di Aids nell’Africa subsahariana con l’obiettivo di garantire agli africani le stesse opportunità di cui godono i sieropositivi europei e nordamericani, nonché una prevenzione davvero efficace che blocchi la trasmissione del virus Hiv dalla madre al bambino. L’accordo prevede il sostegno finanziario dell’associazione all’operato di Dream (Drug resource enhancement against Aids and malnutrition) nella Repubblica Democratica del Congo, un programma ad approccio globale per curare l’Aids in Africa avviato nel febbraio 2002 dalla Comunità Sant’Egidio. Il progetto, nato per l’introduzione e diffusione dei farmaci antiretrovirali in Africa e le cui attività si sono allargate nel tempo fino a comprendere lo sviluppo e il rinforzo dei sistemi sanitari africani, assiste a tutt’oggi più di 22.000 pazienti in 10 Paesi africani.
Nel 2010, l’onlus Bambini del Danubio, tramite l’acquisto di protesi acustiche ha anche sostenuto un programma di volontariato sanitario a favore dei bambini poveri del Perù colpiti da sordità sensoriale che rischiano di diventare degli emarginati e dei pesi per le loro famiglie già afflitte da un’estrema povertà.
Per rimanere, tuttavia, aderenti all’attività svolta dall’associazione sul nostro territorio, abbiamo chiesto alla dottoressa Francesca Gobbo, medico specializzando in chirurgia pediatrica, sotto la guida del dottor Jurgen Schleef, al Burlo e preziosa coordinatrice delle attività dell’associazione, di spiegarci nel concreto gli interventi effettuati. “Il nostro impegno – afferma – è offrire ai bambini che soffrono di patologie particolarmente complesse, cure che non possono essere prestate nel loro Paese d’origine. Inoltre stiamo avviando in Bosnia un progetto di formazione dedicato al personale medico locale che permetterà così di limitare il più possibile il trasferimento in Italia dei piccoli pazienti e delle loro famiglie. I bambini che accogliamo vengono seguiti dal momento del ricovero fino a quello del loro pieno recupero. Inviamo i medicinali a casa, qualora la terapia risulti particolarmente costosa e debba essere proseguita, e forniamo anche i presidi domiciliari, senza i quali anche l’intervento più riuscito, alle volte, rischia di essere vanificato. Ci occupiamo di curare bambini con problematiche chirurgiche, ma anche pazienti che si presentano con problemi di tipo medico, ad esempio per impostare correttamente una terapia o per seguire una malattia mal gestita”. “Il nostro obiettivo – conclude la dottoressa Gobbo – è quello di prenderci cura del paziente e della sua famiglia, cercando di assisterla sia dal punto di vista logistico sia da quello psicologico, in un momento doloroso e di particolare fragilità per l’intero nucleo familiare”.
Monica Ricatti


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