Dove vanno a finire i rifiuti tossici?
Dopo una bonifica, come viene gestita la rimozione dei rifiuti tossici d’amianto?
“Prima di tutto esistono due tipologie di bonifiche: una per i materiali compatti (eternit) e un’altra per quelli friabili. Per quanto riguarda il materiale compatto, che subisce una gestione particolare con specifiche procedure di trattamento in loco, esso viene prima insaccato in un doppio strato di nailon con speciali caratteristiche previste dalla legge, poi sigillato e infine portato in apposite discariche autorizzate, dove il materiale viene immesso in un’enorme buca. Esistono anche delle discariche temporanee in cui il materiale viene sotterrato in fosse isolate preventivamente e, dopo un certo periodo, ripreso e condotto al trattamento finale. Quest’ultimo per il momento in Italia non esiste, ma si trova solo in Germania. Qui i rifiuti vengono portati a temperature molto elevate in modo che si arrivi ad una prima fusione, e quando il materiale sarà diventato inerte verrà riutilizzato per molteplici usi”.
E per quanto riguarda il cosiddetto materiale friabile?
“Un altro discorso è quello relativo al materiale friabile, dove la bonifica è molto più complessa. Qui non si tratta, infatti, solo di andare a spruzzare del prodotto inglobante per la messa in sicurezza e in un secondo tempo andare a rimuovere il materiale interessato. Quando ci troviamo di fronte a tubazioni e coibentazioni in centrali termiche, bisogna isolare completamente l’ambiente, iniziando dal ricoprire con dello specifico nailon isolante tutte le pareti. Prima di accedere al cantiere, inoltre, viene creata una cabina di decontaminazione in quattro stadi, con spogliatoio e doccia, chiusi da porte speciali in modo tale che le polveri non abbiano la possibilità di fuoriuscire. Il cantiere viene poi depressurizzato con un estrattore d’aria creando una condizione che impedisca alle polveri eventuali di uscire. Per fare questo, vengono effettuate in precedenza delle prove di tenuta allo scopo di appurare che non vi siano dei buchi o lacerazioni, e solo a quel punto si può dare il via alla bonifica vera e propria. Alla fine, tutto il materiale insaccato sarà a sua volta reinsaccato in un altro nailon e poi messo in una terza sacca sigillata per essere quindi portato nell’impianto di trattamento, dove a sua volta seguirà degli altri processi che lo porteranno allo smaltimento”.
Quali tipi di dispositivi di protezione individuale (DPI) si utilizzano per queste delicate operazioni?
“Pur essendoci vari tipi di DPI, sia per l’eternit che per il materiale friabile si usa il massimo della protezione possibile: tute monouso, guanti con elastico ai polsi, cappucci e maschere a doppio o singolo filtro purché di categoria P3, cioè un filtro assoluto al 99,9%. Tutte le altre attrezzature, ad esempio cacciaviti o arnesi vari, sarebbero monouso e alla fine dell’operazione andrebbero smaltiti, a meno che non si proceda ad un loro accurato lavaggio”.
Dopo un intervento di bonifica, quali controlli si effettuano e ogni quanto tempo?
“Dipende dal tipo di intervento eseguito: ad esempio, nella messa in sicurezza – anche perché la legge lo prevede – sarebbe consigliato un controllo ambientale periodico per verificare che tutto sia a posto. Nel caso di stabilimenti con la copertura in eternit è necessaria una verifica sulle condizioni dell’ambiente lavorativo per accertarsi che tutti i parametri controllati rientrino nei valori previsti dalla legge. Ricordiamoci, infine, che il problema “friabile” è quasi sempre legato a centrali termiche con la presenza di tubazioni di acqua calda o di coibentazioni legate all’uso dell’aria condizionata, quindi a luoghi di lavoro dove vi sono produzioni di calore o refrigerazioni particolari, come nelle sale macchine delle navi”.
Claudio Bisiani