Tradizione e arte nell’ortopedia su misura
Fondata nel 2000 a Padova, Orthomedica è oggi una realtà importante nel panorama dell’ortopedia su misura e propone una gamma completa di prodotti: dai plantari, alle scarpe, alle protesi, ai corsetti per scoliosi.
Corsetti che rappresentano il fiore all’occhiello della produzione: Orthomedica è stata tra le prime in Italia a produrli e vanta il brevetto di un corsetto per scoliosi neurologiche messo a punto nel 2003.
Com’è strutturata Orthomedica?
“Orthomedica ha una sede a Padova – risponde il tecnico ortopedico Massimo Pulin, fondatore e titolare di Orthomedica, che continua la lunga tradizione di famiglia in questo settore cominciata con il nonno e continuata con il padre – e quattro filiali: Verona, Vicenza, Castelfranco Veneto e Trieste. La produzione di corsetti per scoliosi e la protesica è stata concentrata nella sede storica di Padova; a Verona, la nostra filiale più importante, produciamo calzature e plantari; a Vicenza e a Castelfranco Veneto si effettuano le fasi di prova e consegna dei dispositivi in ordine; nella filiale di Trieste, inaugurata un anno fa, commercializziamo un gran numero di ausili e realizziamo plantari su misura”.
I corsetti rappresentano un po’ il fiore all’occhiello della vostra produzione…
“Ho iniziato a seguire le scoliosi fin da giovane quando, nel 1989, a Verona è arrivato il professor Pietro Bartolozzi in qualità di direttore della Clinica Ortopedica. Un incontro decisivo per la mia formazione professionale: con lui ho cominciato a produrre i primi corsetti Cheneau, corsetti bassi in plastica, mentre prima realizzavo molti busti in cuoio. Assieme al professore abbiamo cominciato a studiare e a mettere a punto corsetti post-operatori particolari perché negli anni i trattamenti chirurgici nella scoliosi sono cambiati: le stabilizzazioni sono diventate via via meccanicamente perfette e il corsetto ha perso la sua funzione di sostegno per assumerne una di protezione nei confronti di cadute o urti e come modellante del gibbo dopo gibbotomia. Oggi Orthomedica ne produce un quantitativo importante e dal 2003 detiene anche il brevetto di un corsetto per scoliosi neurologiche”.
Di che cosa si tratta?
“È un corsetto modulare costituito su misura da una serie di valve con appoggi e contenimento del capo nei casi più bisognosi. Il corsetto è stato ideato in Francia dalla dottoressa Duval Beaupere insieme con i tecnici dell’Officina Ortopedica dell’ospedale di Garche. E proprio all’ospedale di Garche sono andato per imparare a costruirlo. In Italia non si produceva o veniva realizzato con tecniche non proprio adatte allo scopo che si prefiggeva, e il brevetto era scaduto. Così dopo averne acquisita la tecnologia, l’abbiamo modificato insieme alla dottoressa Luciana Scattin, specialista fisiatra, e al dottor Massimo Balsano, direttore dell’Unità Operativa e Centro scoliosi dell’Asl n° 4 Thiene Schio (VI), migliorato e infine brevettato. Oggi Orthomedica ne produce 20 esemplari all’anno per pazienti con scoliosi neuromuscolari affetti da spina bifida, ma anche nel caso di scoliosi non idiopatiche e nel trattamento post-operatorio”.
Perché questa passione per i corsetti?
“I corsetti rispetto agli altri prodotti ortopedici hanno degli interessanti margini per l’inventiva. È vero che i principi di correzione della scoliosi sono sempre quelli (elongazione, derotazione, principio di tridimensionalità di Cheneau e del suo busto), ma c’è comunque sempre la possibilità di pensare a una nuova spinta su un determinato corsetto o una specifica modifica per un paziente perché l’esperienza ti suggerisce di farla. È il caso dei corsetti per le scoliosi evolutive dai 10 ai 13 anni: una volta venivano prodotti in maniera standard, oggi li realizziamo asimmetrici perché si sono dimostrati più efficaci per risolvere questo tipo di problema”.
Come lavorate con i pazienti scoliotici?
“Il paziente ci viene mandato dal medico com’è di prassi. Realizziamo il calco in gesso, prendiamo le misure e redigiamo un preventivo. Quando c’è l’autorizzazione, a meno che non si tratti di scoliosi molto gravi o importanti, il corsetto va in lavorazione e nel giro di tre settimane è pronto. Dopo la prova, in circa un’ora, viene consegnato. Forniamo sempre una dichiarazione di conformità e un modulo sul quale sono riportate le modifiche che eseguiamo sul corsetto a ogni incontro con il paziente, cioè circa ogni mese e mezzo. In questo modo il medico sarà al corrente, negli incontri semestrali con il paziente, di tutti gli interventi effettuati. Noi eseguiamo queste correzioni spesso senza l’indicazione del medico, per risolvere problematiche che il paziente incontra nell’uso del corsetto”.
Per apportare queste modifiche, però, è necessaria una grande professionalità…
“La professionalità è una condizione imprescindibile per Orthomedica. Tutto il personale, i tecnici ortopedici in particolare, segue periodicamente dei corsi che io stesso organizzo in azienda con medici e professionisti del settore, anche sei-sette corsi in un anno… Di recente, per esempio, è stato organizzato un corso sul torcicollo miogeno congenito: dopo una lezione teorica sui principi anatomici e chirurgici di questa patologia, insieme al medico che ha tenuto il corso abbiamo realizzato dei collari. In questo modo ora tutti sanno come si produce un collare per torcicollo miogeno congenito… e questo discorso vale anche per il corsetto, il plantare e così via”.
Teoria e pratica insomma. Quanto vale la manualità nell’officina ortopedica?
“La manualità in officina riveste un ruolo decisivo per il tecnico ortopedico. I giovani neodiplomati, pur avendo un solido background teorico, peccano in manualità. Pensiamo per esempio alla produzione dei plantari che oggi avviene in modo computerizzato senza la creazione del calco in gesso. Per realizzare un plantare studiamo il posizionamento del piede in fase dinamica e non più in statica come avveniva in passato, e questo attraverso l’analisi del passo, che serve per evidenziare delle anomalie della deambulazione e della pronosupinazione, sovraccarichi o alterometrie. I dati raccolti con questa analisi devono essere interpretati dal tecnico ortopedico prima dell’elaborazione al computer. E qui diventa importante l’esperienza manuale. Le nozioni, le tecniche, la capacità di realizzare il plantare su calco in gesso sono quelle basi che ti permettono di sviluppare il plantare computerizzato”.
Programma solo corsi per i suoi dipendenti?
“Certo che no! In questi anni ho organizzato parecchi convegni a livello nazionale, ma anche congressi internazionali, ai quali hanno aderito molti professionisti del settore. L’aggiornamento è importante per chi fa parte di questo settore. Spesso nelle aziende ortopediche lavora personale senza adeguate conoscenze tecniche. Per questo motivo, in collaborazione con un ente professionale, ho pensato di preparare un corso per operatori sanitari di officina ortopedica: un corso annuale di mille ore, di cui quattrocento di teoria e le rimanenti di pratica. L’obiettivo è quello di fornire a queste persone le conoscenze adeguate per svolgere al meglio il loro lavoro in officina”.
Quali obiettivi avete per il futuro?
“La ricerca di nuovi mercati è di certo uno dei più importanti da perseguire. Bisogna cercare nuovi mercati per continuare a vivere perché è un momento un po’ critico per il settore ortopedico, non tanto per il fatto che manchi il lavoro, tutt’altro, piuttosto sono i margini di guadagno che si stanno via via assottigliando: i costi aumentano e il tariffario è bloccato… un tariffario che è di circa 10 anni or sono! Se vogliamo fare un facile confronto, possiamo considerare la realtà croata: le nostre tariffe sono del 10% superiori rispetto a quelle praticate in Croazia per i corsetti, mentre per la protesica delle amputazioni inferiori del 18-22%. Così non c’è futuro”.
Sondare nuovi mercati diventa quindi un’esigenza prioritaria…
“Sì, penso che una via di uscita da questa fase critica sia proprio quella di sondare altri mercati. È per questo motivo che ho pensato ad entrare in Friuli Venezia Giulia, regione che reputo con molte potenzialità dal nostro punto di vista e con un ottimo Servizio sanitario. La filiale regionale di Trieste è stata pensata non come un punto vendita, ma come un punto di riferimento dell’ortopedia su misura, predisponendo tutte le attrezzature tecnologiche migliori che il settore ha a disposizione. Trieste, insomma, come punto di partenza per sondare nuovi mercati a noi vicini, creare nuove alleanze che portino Orthomedica ad essere un punto di riferimento non solo per il Triveneto”.
A.V.