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Le tossinfezioni alimentari

 |  Redazione Sconfini

 

La stagione estiva, con le alte temperature che in genere fa registrare, può determinare seri problemi di adattamento all’organismo, soprattutto nei soggetti

più fragili come gli anziani e i bambini, per i quali sono raccomandabili alcuni corretti comportamenti, a cominciare dall’alimentazione. In determinate condizioni ambientali (ad esempio il calore elevato) gli alimenti vengono inevitabilmente contaminati da microrganismi che ne compromettono la commestibilità (alterazione organolettica) e ne variano le caratteristiche tipiche, quali odore, sapore, colore e consistenza.

 

“Le tossinfezioni sono un problema rilevante e sempre attuale nei Paesi in via di sviluppo, dove le condizioni igieniche lasciano molto a desiderare”, afferma il dottor Luigi Buri, direttore della S.C. di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Trieste, che aggiunge: “Alle nostre latitudini e nei Paesi industrializzati, grazie alle migliori condizioni igienico-sanitarie e di conservazione anche domestica, sono diminuiti i problemi di contaminazione e sviluppo microbico negli alimenti, ma possono costituire ancora un problema in determinate condizioni limite e non regolamentate o per individui a rischio, come ad esempio i pazienti anziani, immunodepressi o con determinate patologie debilitanti”.

 

Le tossinfezioni alimentari propriamente dette sono dovute alla presenza di microrganismi vivi, non uccisi da cotture o da trattamenti di conservazione, che, moltiplicandosi nel corpo umano, producono tossine. Quest’ultime, a loro volta, danno origine ad alterazioni a livello delle cellule della parete intestinale con aumento di secrezione liquida da parte dell’organismo e diarrea più o meno profusa. Gli alimenti fonti di tossinfezioni, in generale, non presentano alterazioni dei caratteri organolettici tipici e, in assenza di sospetti, vengono quindi consumati senza precauzioni. “In alcune situazioni non propriamente fisiologiche – precisa Buri – quali la gastroresezione o comunque quando esiste una diminuzione della secrezione acida gastrica, viene ridotta la distruzione della carica batterica patogena esogena con conseguente massiccia colonizzazione dell’intestino che porta all’inevitabile sintomatologia caratterizzata da diarrea, nausea e talora vomito”.

 

Gli alimenti arrivano sani ai consumatori se vengono rispettate le regole dell’igiene nelle diverse fasi che si susseguono nella filiera produttiva (colture agricole e allevamenti animali), dalla trasformazione e conservazione, distribuzione e commercializzazione (industriale, artigianale e domestica), fino alla somministrazione finale (bar, ristoranti, mense). Il rispetto delle norme igienico-sanitarie in grado di assicurare l’innocuità e la salubrità dei prodotti da parte di tutti i soggetti che partecipano a queste fasi, non deve mai essere disatteso, pena la possibilità di contaminazione primaria e secondaria.

 

I microrganismi responsabili della contaminazione e alterazione degli alimenti, in grado quindi di essere patogeni per l’uomo, si moltiplicaaltno se presenti con una carica elevata e quando le condizioni di temperatura, umidità e acidità e la presenza o assenza di ossigeno sono a loro favorevoli. “La temperatura estiva elevata – sottolinea il gastroenterologo – è tra i fattori che possono influenzare la moltiplicazione batterica soprattutto in prodotti o preparazioni alimentari a base di latte e uova, come maionese e prodotti di pasticceria, che non siano mantenuti a basse temperature nel rispetto costante della catena del freddo”. La maggior parte dei microrganismi patogeni predilige una temperatura attorno ai 37°C (che è la temperatura corporea) e ambienti vicini alla neutralità: molti in ambiente acido muoiono, altri, come il botulino, non producono tossine.

 

Le tossinfezioni si manifestano dopo poche ore dall’ingestione di alimenti contaminati – spiega Buri – e possono colpire più persone assieme se la consumazione è avvenuta in ristoranti, bar, mense, banchetti collettivi. La sintomatologia consiste in malessere generale, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, prostrazione, mal di testa e, a volte, febbre”. “I motivi per cui le tossinfezioni sono frequenti – continua – possono essere ricondotti all’abitudine frequente di consumare pasti fuori casa, in locali magari in cui non vengono rispettate le norme igieniche per la preparazione e la conservazione dei cibi. Altre possibili spiegazioni sono: il numero elevato di portatori sani (senza patologia evidente e conclamata, ma in grado di diffondere microbi nell’ambiente), l’incremento di scambi internazionali di prodotti alimentari scarsamente controllati, l’immigrazione selvaggia senza i necessari controlli sanitari”.

 

Una delle più diffuse intossicazioni, dovuta fondamentalmente a un’inadeguata preparazione o conservazione dei prodotti, è quella da stafilococco. “Fortunatamente, di solito, l’andamento è benigno – rassicura Buri – con sintomatologia tipica che inizia dopo una breve incubazione di qualche ora e risoluzione in 24-48 ore. La diarrea, sintomo principale, quando è frequente e abbondante, può comportare una notevole perdita di liquidi ed elettroliti, che devono essere adeguatamente reintegrati per evitare squilibri pericolosi, soprattutto se le persone colpite sono bambini, anziani o soggetti defedati. Non è necessario arrestare i primi episodi dato che l’eliminazione di abbondanti liquidi costituisce in fondo una difesa dell’organismo, che tenta in questo modo di eliminare l’agente infettante; è invece opportuno intervenire nei casi in cui le scariche sono particolarmente copiose o frequenti”. Lo stafilococco attecchisce in cibi ad elevato contenuto proteico: carni, formaggi molli, panna, prodotti di pasticceria confezionati con crema o uova, pesce, prodotti manipolati dall’uomo che, se infetto, contamina gli alimenti.

 

L’abitudine sempre più diffusa ad effettuare vacanze esotiche o viaggi di lavoro in Paesi in cui le norme igieniche non sono sempre garantite, rende particolarmente frequente quella infezione che comunemente viene definita diarrea del viaggiatore. “L’Escherichia coli – evidenzia il gastroenterologo – è comunemente responsabile di questa infezione, che si manifesta con la solita sintomatologia, ovvero diarrea, febbre, brividi, che possono essere più o meno evidenti a seconda della carica batterica o della situazione clinica del paziente che viene colpito. Ovviamente saranno più serie le complicazioni se ad essere interessati sono anziani, bambini o persone con salute compromessa per altri motivi (immunodepressi). Qui gli indigeni del Paese visitato, portatori sani, possono contaminare accidentalmente le preparazioni alimentari o le bevande, e quindi diffondere un’infezione alla quale gli ospiti stranieri risultano esposti e sensibili”.

 

La salmonella è diffusa in tutto il mondo con specie tipiche in alcune zone: le infezioni che ne derivano interessano in particolare il colon, ma sono frequenti anche quadri di gastroenterite acuta. “Gli alimenti responsabili della tossinfezione – rileva Buri – sono le carni animali, il pollame in genere e le uova. La contaminazione è favorita da inadeguata cottura o non immediato raffreddamento degli alimenti dopo la confezione, quando vengono lasciati a temperatura ambiente e peggio ancora se esposti al contatto con insetti o in condizioni di scarsa igiene ambientale. I presidi terapeutici consistono nella reidratazione e a volte nell’utilizzo di tetracicline. Rare sono le specie altamente patogene che causano febbre tifoide”.

 

Una menzione merita anche l’ameba, un organismo unicellulare causa di infezioni coliche ad esordio graduale. “Da uno a otto giorni dopo l’ingestione – spiega Buri – inizia una sintomatologia caratterizzata da dolenzia addominale, febbre, feci con sangue e muco (attenzione alla diagnosi differenziale con la rettocolite ulcerosa, malattia cronica, da curare in modo completamente diverso), fino ad arrivare, nei casi non curati, ad ascessi epatici. Solo l’esame colturale delle feci e la colonscopia, con adeguati prelievi bioptici, svelano l’ameba”.

 

Gli insetti, in particolare le mosche, ubiquitarie in condizioni di igiene compromessa o in ambienti sporchi, sono vettori di molti parassiti, come ad esempio la Shigella. Alcuni microrganismi si manifestano con sintomatologia ricorrente, ma l’agente infettante responsabile è difficile da isolare. “È il caso della Giardia, della quale – precisa lo specialista gastroenterologo – si può avere diagnosi certa solo raccogliendo succo duodenale o dall’intestino tenue del paziente dove isolare il parassita, trasmesso facilmente con acqua contaminata”. “Sintomi simili come astenia e diarrea associate a lesioni a carico del colon – aggiunge – possono essere inoltre causati dalle Yersinie: la terapia in questi casi è a base di metronidazolo, principio farmacologico adottato già ai primi sintomi sospetti nei Paesi dell’Estremo Oriente”.

 

Una malattia sostenuta da virus è l’epatite virale A che colpisce il fegato: al generale malessere accompagnato da ittero fa seguito un decorso generalmente benigno di qualche settimana, con guarigione senza conseguenze. La trasmissione avviene attraverso uno stretto contatto interumano specie nelle collettività, per mezzo di ingestione d’acqua (di pozzo o sorgente) o alimenti contaminati (frutti di mare, frutta e verdura non lavata), scarsa igiene personale o nella manipolazione di cibi e bevande.

 

Il Clostridium botulinum è un batterio anaerobio produttore di una tossina la cui ingestione provoca una forma acuta d’avvelenamento che, se non tempestivamente curata, può portare a morte il soggetto colpito per paralisi respiratoria. L’infezione è conseguente frequentemente al consumo di conserve vegetali casalinghe sott’olio, pesci affumicati o insaccati, confezionati con lavorazioni inadeguate. Le spore sono capaci di resistere a condizioni estreme: resistono al calore e sono uccise solo se sottoposte a 100°C per 5 ore o a 121°C per alcuni minuti. I germi si possono riscontrare, in concentrazioni modeste, nei terreni, nei fondali marini e dei laghi, e possono facilmente contaminare alimenti, in primo luogo le verdure. L’incubazione dura 11-36 ore, ma anche giorni: il soggetto intossicato avverte debolezza, nausea, secchezza alla bocca e poi disturbi neurologici alla vista, a carico della parola e della respirazione.

 

Per finire il dottor Buri fornisce alcune raccomandazioni valide in generale: “Rispettare le norme di conservazione dei prodotti nell’intera catena alimentare; lavarsi sempre le mani, soprattutto se si è a contatto con animali domestici; in viaggio consumare sempre acqua di bottiglia rigorosamente chiusa ermeticamente; al ristorante mangiare cibi cotti e appena preparati; diffidare dei cubetti di ghiaccio, ottenuto con acqua a volte contaminata da microbi resistenti alle basse temperature; quando si mangiano banane gettare le porzioni estreme, possibili sedi di proliferazione di amebe; porre una particolare attenzione a uova, latticini e prodotti derivati”. “Se si prevede un viaggio in luoghi a rischio d’infezioni – conclude Buri – può essere utile prima della partenza preparare l’intestino, depurandolo con l’uso di un blando lassativo con l’aggiunta di probiotici. Questi trattamenti depurano le mucose intestinali e favoriscono la colonizzazione della flora intestinale buona e difensiva. La neomicina può essere utile in condizioni particolari”.

Ignazia Zanzi

  


   

 Le regole per una sana ed equilibrata alimentazione estiva

 

1 - Moderare l’introito di calorie, preferendo alimenti leggeri e facilmente digeribili ad alto contenuto di acqua, come frutta e verdura, perché con temperature elevate il metabolismo basale si riduce e di conseguenza anche il fabbisogno energetico.

2 - In estate si suda e si eliminano liquidi e sali minerali che devono essere reintegrati: quindi, bere con regolarità e prima che intervenga la sensazione di sete, che negli anziani può essere assente. Non eccedere nel consumo di bevande zuccherine, gassate o nervine (tè, caffè e cola), che possono aumentare la diuresi e la disidratazione.

3 - Ridurre alcolici e superalcolici, che apportano calorie eccessive, rallentano la digestione e provocano sonnolenza e torpore.

4 - Mangiare cibi freschi, cotti al momento e consumati subito per prevenire tossinfezioni.

5 - Moderare il consumo di carne, formaggi e salumi preferendo il pesce (cuocere sempre i frutti di mare) per l’alto contenuto di acidi grassi insaturi, la buona digeribilità e il minore apporto calorico.

6 - Consumare in tutte le forme verdura e frutta di stagione e al giusto grado di maturazione, dopo accurato lavaggio.

7 - Uova, latte e derivati sono ottimi sostituti della carne, ma a temperatura ambiente sono terreni di coltura fertili per i microrganismi.

8 - Il gelato può essere inserito in una dieta equilibrata, soprattutto se a base di frutta: è una soluzione contro il caldo, di facile digestione e assimilazione per chi ha problemi di masticazione. Farne ricorso come sostituto o aggiunta al pasto non deve essere una regola ma un’eccezione, e va sempre consumato nel rispetto delle regole igieniche.

9 - Evitare dolci ipercalorici e dalla formula complessa, fonti di zuccheri e grassi di dubbia qualità.

10 - L’estate può essere per bambini e adulti l’occasione ideale per adottare una corretta e più equilibrata alimentazione, cominciando con una colazione completa e distribuendo poi con regolarità il resto dei pasti nell’arco della giornata.

  


  

I riferimenti normativi

 

Il quadro legislativo in materia di tutela igienico-sanitaria degli alimenti e delle bevande, è ampio ed articolato per scongiurare sia la contaminazione primaria (quella alla fonte della produzione, relativa a carni di animali portatori o malati di salmonella o altri germi, o a verdure, frutta, pesci, uova e latte contaminati) che quella secondaria (inerente le attrezzature e gli ambienti adibiti alla lavorazione degli alimenti e l’uomo stesso, con comportamenti non idonei o come portatore sano).

 

Sommariamente le norme a carattere generale sono: DPR 283/62, DPR 327/80, D.Lgs. 123/93; D.Lgs. 26 maggio 1997 n. 155, “Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CEE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari”, che ha introdotto l’obbligo dell’autocontrollo igienico secondo il metodo HACCP; Regolamento CE 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce i requisiti generali delle legislazioni alimentari, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare; Regolamento CE n. 2073/2005, entrato in vigore nel gennaio 2006, che armonizza a livello europeo i criteri microbiologici, prima definiti autonomamente dai singoli stati membri, applicabili alle derrate alimentari in libera circolazione all’interno del mercato unico.

 

Le regole per chi maneggia alimenti: curare l’igiene della persona e del vestiario; lavarsi sempre e disinfettare le mani (dopo l’uso di servizi igienici e dopo aver soffiato il naso), usando sapone erogato da un distributore ed asciugamani a perdere; astenersi dal manipolare cibi se si è affetti da raffreddore, mal di gola o lesioni pustolose; proteggere naso e bocca con mascherine e guanti a perdere; tenere i locali di lavoro, deposito e vendita in perfette condizioni d’igiene, lavando piani di lavoro e utensili con soluzioni detergenti e disinfettanti dopo ogni preparazione, evitando di toccare i cibi con le mani; tenere gli alimenti a temperature inadatte alla moltiplicazione di germi, soprattutto carni tritate, minestre e pietanze a base di carne o in brodi di carne, pesci e frutti di mare, uova, latte e latticini; tenere lontane mosche, insetti e topi, isolando i rifiuti e proteggendo gli alimenti con vetrinette, reticelle, espositori, impedendo così anche la contaminazione da parte del pubblico.

 


In collaborazione con Help!

 

 


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