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La malattia di Crohn: diagnosi e terapia

 |  Redazione Sconfini

È una malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) che può colpire potenzialmente tutto l’apparato gastroenterico dalla bocca all’ano ma più frequentemente si localizza all’ileo terminale e/o al colon. Si presenta prevalentemente in età giovanile (20-25 anni) e in terza età (attorno ai 65 anni) ma non sono rari i casi anche nei bambini e negli adolescenti. È presente prevalentemente nei Paesi ad alto sviluppo industriale ed è rara se non assente nei Paesi del Terzo mondo.


L’infiammazione è tipicamente segmentaria e interessa la parete intestinale a tutto spessore (mucosa, sottomucosa e seriosa) coinvolgendo spesso anche il mesentere ed i linfonodi regionali: si manifesta con ulcere e fissurazioni della mucosa e infiammazione transmurale. La malattia è definita cronica-recidivante in quanto è caratterizzata da periodi di benessere (quiescenza-remissione) alternati da periodi di attività (ricaduta-recidiva) e da un largo spettro di manifestazioni cliniche. Ci possono essere delle variazioni da caso a caso, ma sono predominanti i dolori addominali associati a diarrea e a febbre. Il dolore si presenta dopo i pasti e possono comparire, più raramente, dolori alle articolazioni, diminuzione dell’appetito, dimagramento. Altri segni precoci: fistole anali e ascessi.


Non esiste un singolo test per la diagnosi di morbo di Crohn: arrivare alla diagnosi può essere difficile perché alcune volte si simulano altre condizioni patologiche. Oltre ad un’attenta raccolta dei dati clinici e alla visita medica, vanno eseguiti colonscopia, esami radiologici come clisma del tenue, RX del digerente con studio del tenue. Si ricorre anche all’ecografia addominale. Gli esami di laboratorio stabiliscono la presenza di infiammazione.


Tuttora le cause sono ignote e questo limita la terapia medica all’uso di farmaci che controllano l’infiammazione. Si possono avere delle complicanze intestinali (stenosi, subocclusione e occlusione completa, ascesso, perforazione, sanguinamento rettale, fistole) ed extraintestinali (cute, bocca, occhi e grosse articolazioni) che riguardano il 10-20% dei casi. La terapia della fase acuta impiega aminosalicilati, cortisonici o antibiotici; la terapia di mantenimento nei casi più gravi prevede immunosoppressore. La maggior parte dei pazienti si trova nella situazione di assumere farmaci al bisogno, di condurre una vita sana. Chi non risponde alla terapia convenzionale può dover ricorrere al trattamento chirurgico per occlusione intestinale.

I.Z.


In collaborazione con Help!

 


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