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Gli spazi verdi non devono morire

 |  Redazione Sconfini

Risale ai tempi dei tempi dell’umanità il desiderio di lasciare un segno, modificando il paesaggio naturale. A questo si deve dunque ricondurre la nascita dei giardini, intesi come spazi naturali dove forte è l’intervento umano. Abbiamo incontrato Giancarlo Carena, presidente della società cooperativa onlus Agricola Monte San Pantaleone, per cercare di fare il punto della situazione sul verde all’interno degli spazi urbani, in particolare per quanto riguarda il capoluogo giuliano.

 

“La prima considerazione da fare – esordisce Carena – è legata alle risorse che vengono investite dalle pubbliche amministrazioni per il verde. Tendenzialmente gli investimenti importanti sono fatti per il rinnovo degli spazi, mentre cifre di gran lunga inferiori vengono destinate alla manutenzione dei giardini”. Per dirla con i numeri, in base a quanto pubblicato di recente sulle pagine di un quotidiano nazionale, per la manutenzione ordinaria del verde a Lucca l’amministrazione spende annualmente 42,58 euro pro capite, mentre quella di Trieste ne spende solo 1,36 per ogni abitante. “Di fatto – osserva Carena – se non si pone la giusta attenzione a tutto ciò che concerne la cura di un giardino, lo spazio valterde rinnovato ricade gradualmente nell’abbandono fino a ripresentarsi con un aspetto selvatico”.

 

La natura richiede per sopravvivere un costante accudimento. Ben vengano dunque gli investimenti economici per i progetti mirati a ridare ai giardini storici gli splendori di un tempo, ma a questi devono necessariamente seguire investimenti adeguati finalizzati alla manutenzione degli stessi. Se questo non avviene inevitabilmente le risorse già utilizzate e il lavoro di ripristino del verde cittadino sono vanificati. Bisogna però dire che, in questo ambito, le cose non vanno tanto male, in quanto si sono registrati segnali di cambiamento importanti. “Nella Trieste degli inizi del Novecento – evidenzia Carena – erano molto numerosi i giardini ma il declino storico della città ha fatto sì che anche alcuni di questi spazi cadessero in rovina, giungendo a uno stato di degrado. Negli ultimi dieci anni, però, è andata crescendo la sensibilità nei confronti del verde urbano, tanto da parte dei cittadini quanto da parte dell’amministrazione pubblica. In particolare, sono stati avviati importanti interventi e la maggior parte degli spazi verdi dal sapore antico è tornata a vivere, grazie a un intelligente programma di riqualificazione”.

 

Ma questi interventi importanti non possono rimanere isolati e fini a se stessi: bisogna avere uno sguardo più ampio e valutare una serie di questioni. “Innanzitutto – riprende Carena – va rivista la logica con la quale si sceglie l’impresa a cui affidare la cura dei giardini. Attualmente ogni anno viene bandita una gara d’appalto per scegliere a chi dare in carico la manutenzione degli spazi verdi cittadini. A mio avviso tale compito dovrebbe essere assegnato per un periodo di tempo più lungo, almeno di quattro o cinque anni. Le risorse economiche devono essere misurate su programmi di medio lungo periodo se si desidera davvero poter conseguire risultati apprezzabili e duraturi. Sarebbe inoltre auspicabile che la manutenzione di un giardino venisse affidata in toto a un’unica impresa”.

 

Al fine di ottimizzare le risorse e di garantire la rapidità degli interventi, l’impresa prescelta dovrebbe avere l’onere di curare il giardino dall’irrigazione, al cambio della lampadina fulminata, oltre al ripristino daltell’oggetto danneggiato a causa di un atto vandalico. Va da sé che per seguire la vita di uno spazio verde è fondamentale la competenza. Formare figure professionali tecnicamente preparate è stato, infatti, il motivo per cui l’Agricola Monte San Pantaleone ha investito in formazione, facendosi promotrice di corsi mirati a preparare figure altamente competenti in materia di giardinaggio.

 

La riflessione sulla funzione dello spazio verde urbano è ciò che più preme alla cooperativa triestina con sede nel comprensorio di San Giovanni. “Il giardino – osserva Carena – deve essere il luogo dell’aggregazione, dell’incontro, uno spazio dove vengano promosse iniziative culturali e sociali. È sufficiente pensare a quanti benefici ne potrebbero trarre alcune categorie particolari: le mamme e i bambini, gli anziani e i giovani. Il giardino deve essere inteso come un habitat sociale, fruibile dalla comunità. Uno spazio aperto e sicuro, dove il prato sia calpestabile”.

 

Un esempio di come queste idee possono essere tradotte in realtà è rappresentato dal giardino del Parco di San Giovanni. Tre anni fa si è dato l’avvio ad un importante programma di sistemazione e di restauro. Un progetto, commissionato dall’Azienda sanitaria locale e finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Rinnovare il giardino del comprensorio ha rappresentato una sfida: a causa della sua collocazione si temevano problemi di sicurezza, nonché si paventavano furti. “Ma le cose – sottolinea Carena – sono andate ben diversamente: non una sola rosa è stata rubata e nessun oggetto d’arredo esterno è stato danneggiato. Oggi in quest’area della città passeggiano mamme con carrozzine, anziani e ragazzi”.

 

Allora è possibile progettare e realizzare un altro verde che, oltre a essere godibile dal punto di vista estetico, assuma una funzione sociale di rilievo. Si pensi in particolare agli adolescenti: oggi i teenager si danno appuntamento nei centri commerciali. E se fosse data loro l’opportunità di chiacchierare tra alberi e fiori, in un clima più sano e meno assordante degli shopping center, non starebbero meglio?

 

Mai ci si stanca di sottolineare l’importanza dell’attività di ricerca, in qualsiasi ambito. In particolare l’Agricola Monte San Pantaleone sta lavorando su due fronti. “In collaborazione con l’ateneo triestino, una cooperazione che prende spunto dalle opportunità offerte dall’entrata in vigore della legge Bertossi (L.R. n. 4 del 4/3/2005), stiamo concentrando i nostri sforzi sulla ricerca di fitorimedi disinquinanti. L’idea – spiega Carena – parte dalla considerazione che tutte le piante estraggono dal terreno sostanze che, una volta rielaborate, diventano funzionali alla sopravvivenza delle piante stesse. L’obiettivo è identificare quelle piante che riescono ad assorbire quelle sostanze normalmente nocive per l’ambiente, in modo tale che esse diventino ottime alleate nelle azioni di sanificazione delle aree inquinate, in particolare, da idrocarburi e diossina”. Un progetto, questo, oltremodo affascinante e che non può non far andare il pensiero a una considerazione: la natura non smette mai di stupirci e si rivela madre, perché si dimostra depositaria di soluzioni a problemi che l’uomo non solo crea, ma anche appare incapace di risolvere con le sole proprie forze.

 

“Il secondo progetto al quale stiamo lavorando – conclude Carena – riguarda la clonazione di un roseto. Obiettivo: poter produrre innumerevoli varietà di rose in quantità importanti con l’intento di rivenderle in tutto il mondo e divenire un riferimento nel settore della floricoltura a livello internazionale”.

Tiziana Benedetti

 


In collaborazione con Help! 

 

 


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