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Izuddin Helmi Adnan

Figli di un gol minore: 13 promesse mancate del calcio regionale

 |  redazionehelp

È difficile spiegare una passione. È difficile far capire agli altri l’amore viscerale per un mestiere, affascinante e maledetto, che non lascia scampo quando ti prende.

Tanto che, osservandolo da fuori, potrebbe assumere perfino le sembianze di una curiosa patologia o di un vizio morboso. Perché per alcuni di noi, quelli davvero “malati cronici” – non certo per chi scrive solo “per lavoro” e si occuperebbe benissimo anche d’altro nella vita – prendere ogni giorno la penna in mano e cominciare a inanellare parole su parole è una necessità fisica e mentale. È come l’aria che si respira: indispensabile.
Francesco Cardella è l’esempio vivente di questa grande, smisurata passione. Anche lui “malato” o, come scrive lui, «troppo innamorato» del suo lavoro. Davanti al foglio bianco, brandendo la penna come fosse una spada, si trasforma in un Parsifal contemporaneo: cavaliere, bardo, menestrello, testimone e cantore di vicende, volti e storie da narrare alla gente. Per raccontare e raccontarsi. Firma tra le più brillanti del quotidiano “Il Piccolo”, scrittore ironico e graffiante, mai banale, si autodefinisce non a caso «l’Antonio Cassano del giornalismo triestino». Un ritratto che gli calza a pennello e fotografa a tutto tondo la sua personalità, il suo carattere schietto e passionale.
“Figli di un gol minore” è la prima – e certamente non resterà l’ultima – avventura letteraria di Francesco Cardella. Il volume, pubblicato dalle Edizioni Mittelcom (pagg. 110 - euro 10,90) di Trieste, da poco nelle librerie, è un sincero atto d’amore per lo sport, in questo caso il calcio, che Cardella ha seguito come cronista fin da ragazzo. I protagonisti dell’opera sono tredici “promesse mancate”, talenti incompresi o interpreti incompiuti del pallone triestino e regionale. Tredici calciatori che per svariati motivi hanno voluto o dovuto “appendere le scarpette al chiodo”, oppure sono “rimasti nell’ombra”, calcando ancora oggi i campi della nostra provincia e regione, ma mancando l’appuntamento con le grandi ribalte calcistiche.
Fra le pagine emergono ritratti suggestivi e toccanti, tasselli di un variopinto puzzle antropologico che diventa quasi una piccola “Comédie humaine”, parafrasando Balzac, in cui si intrecciano gioie, dolori, scelte forzate, delusioni, nuove vocazioni, sorrisi, pianti e rimpianti di uomini in fondo come noi. Nel libro di Cardella, più che il complesso e variegato universo del calcio dilettantistico, che l’autore ama e frequenta ormai da molti anni, si dipingono le storie di persone della porta accanto. Persone con sogni, aspettative, attese, che hanno vinto e perso assieme ai compagni di squadra, a parenti e amici, alle fidanzate e perfino ai rivali sul campo. Una famiglia estesa, si direbbe oggi, che durante la presentazione del volume – lo scorso 5 novembre all’Hotel Milano – si è stretta con affetto attorno all’autore come in un grande abbraccio corale.
«Storie da portare a scuola – ha detto Giuseppe Morea, editore del libro – per la loro carica simbolica e di umanità». «Piccole storie, immerse più nel miele che nel sangue», ha scritto lo stesso Cardella nella prefazione, perché «quelle “maledette” le serbo per il secondo tempo di questa partita».
Lo stile è fluido e le pagine volano via come una piacevole chiacchierata. I “figli di un gol minore” si raccontano come fossero al bar fra amici, senza alcun timore di svelare le loro (dis)avventure e i mancati successi sportivi, ma anche gli aspetti positivi, la serenità di scelte che li hanno poi formati come uomini comunque vincenti nella vita, negli affetti e nel lavoro. Giocatori di ieri e di oggi, in un alternarsi di storie vicine e lontane nel tempo, unite dalla passione comune per il pallone. Atleti su campi infangati di periferia, come gli amateur sulla ribalta di un sobrio palcoscenico rionale. Ma poco importa, in fondo, se il ruolo sia d’attore principale o di comparsa, se la location sia prestigiosa o meno. Perché quella che va in campo ogni domenica, fra 22 giocatori in pantaloncini che corrono indemoniati dietro a una palla, è sempre una metafora teatrale della vita. «La messa in scena camuffata da sport che meglio di ogni altra disciplina ricorda a tutti che il migliore può non vincere, che il fantasista di turno piace, è vero, ma è meglio non averlo troppo tra i piedi». Parola di Francesco “Parsifal” Cardella. Fantasista di penna. Giornalista per amore.
Claudio Bisiani


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