E il trattato di amicizia? Una politica estera da Scilipoti
Che i trattati di alleanza militare scritti dagli italiani fossero carta straccia, almeno a livello internazionale, era assodato da oltre un secolo di volta e rivoltafaccia.
Dal punto di vista diplomatico, infatti, perfettamente incarnata nello sguardo assente del ministro/maestro di sci Franco Frattini, l'Italia è una specie di Scilipoti al cubo. Ultimo eccellente esempio della nostra ondivaga (per usare un eufemismo) politica internazionale è la decisione, avvallata dal Colle, di bombardare Tripoli e liberare la Libia da Gheddafi.
Peccato che appena pochi mesi fa, Berlusconi aveva viscidamente baciato la mano al dittatore inventore del bunga bunga e sottoscritto il trattato di amicizia e cooperazione. Occorre ricordare che l'Italia è (ancora) un Paese membro della Nato e che la Nato ha individuato tra gli Stati "non amici" proprio la Libia. Tra i passi significativi c'era la promessa di non aggredirsi reciprocamente, rivelare qualche segreto militare al Colonnello, non prestare basi per operazioni militari contro la Libia e qualche altra simpatica concessione (5 miliardi di euro) a Gheddafi in cambio della fine degli sbarchi di clandestini a Lampedusa.
Il povero Gheddafi, forse poco avvezzo allo studio di libri di storia, pensava di avere un lungo futuro radioso davanti. E invece, prima l'Italia presta le basi ai "volenterosi" franco-britannici per il bombardamento aereo, e poi (quadratura del cerchio) arriva il via libera per il bombardamento diretto degli italiani su Tripoli.
Chissà cosa si inventerà il Giornale che, lungimirante come sempre, nel marzo 2009 osannava la "Diplomazia del Cavaliere" e parlava di inizio di una nuova era.
Fossimo a capo di una diplomazia estera, avremmo qualche tentennamento nel firmare un accordo diplomatico con l'Italia in futuro...
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