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Selvis e dintorni: lavori in corso in Val Tramontina

 |  Redazione Sconfini


Per sei mesi l'anno Gianni fa il bagnino a Lignano e sverna a Tramonti, dov'è nato. "Al Cason" sul Tagliamento, davanti a uno spriz bianco, Giannone evoca storie della Repubblica Veneta "quando nel Cinque-Seicento la Serenissima sempre in astinenza di legna per le sue navi mandava orde di galeotti a tagliare i boschi della Val Tramontina allora disabitata o quasi".

 

Con molta probabilità questi boscaioli improvvisati saranno stati raggiunti da alcune donne; i figli, imprevisti o meno, non saranno mancati, finché la masnada, diventata comunità, avrà contribuito alla nascita degli insediamenti stabili della zona. Chissà quali circostanze hanno portato questi uomini in Friuli e di quali avventure sono stati testimoni o protagonisti? Forse ci è scappato il morto per uno sgarro o peggio per sbaglio, o forse speravano nel riscatto e in una nuova vita. Il Giannone stesso potrebbe essere un diretto discendente della manovalanza veneziana. M'immagino uomini rudi, rozzi e sozzi, dalla tempra di un cavallo, i denti marci e tatuaggi grossolani sugli avambracci.

 

Le facce e i personaggi di allora si possono ormai solo dedurre e per cercarli ci spingiamo fino al Lago di Selvis, vicino al Lago di Tramonti, con la nostra lente da detective. Dalla SS 552 direzione Tramonti di Sotto facciamo una deviazione verso Chievolis e altri borghi che si vedono sulla sponda sinistra del lago. Prapitol, Faidona, Tamarat sembrano nomi di farmaci per il mal di stomaco e invece sono agglomerati di poche case rimesse a posto e solo in parte abitate. Sono posti affascinanti, solitari e aspri. Per arrivarci c'è un'unica strada che al lago di Selvis si biforca, una termina nella diga omonima e l'altra prosegue verso un terzo bacino, il lago del Ciul.

 

Non ci sono persone in giro e le case sembrano in letargo in attesa della prossima stagione estiva. Unica traccia di attività umana sono i lavori in corso. Sembra stiano allargando le strade rosicando la montagna, che se ne risente. Di tanto in tanto senza preavviso la parete, per ripicca, molla una serie di ciottoli e massi agli ignari passanti motorizzati. Noi turisti una tantum siamo allo sbaraglio e prendiamo per buoni i cartelli "caduta rane" che incontriamo sulla via... Partono i film di fantascienza sull'invasione delle rane extraterrestri che piovono dal cielo e sopravvivono nutrendosi di noi pigri baluba. La realtà riaffiora quasi istantaneamente per assonanza: qualcuno si è divertito a cancellare la "f" davanti a "rane". Peccato per il nostro cortometraggio mentale.

 

Gli operai con le ruspe e le motoseghe occludono le stradine ed è una lotta inutile cercare di passare fino al Ciul. Deviamo così alla diga di Selvis. Anche qui, però, stanno lavorando e un camion blocca la strada, siamo costretti a indietreggiare di qualche metro e a parcheggiare. Capiamo subito che non siamo i benvenuti. Ci osservano di sottecchi come bestie rare, evidentemente non ispiriamo simpatia. Con nostra sorpresa, però, ci fanno passare ugualmente.

 

Davanti a noi si apre un quadro a metà tra il meraviglioso e l'inquietante. Lo stretto corridoio della diga si conficca sulla parete opposta, mentre a sinistra, nel letto dell'orrido, s'intravede il torrente Silisia. Il panorama si apre all'improvviso verso destra sul lago deserto e silenzioso. Mi muovo rigida attraversando gli enormi spazi aperti della diga. Sembra quasi di essere pericolosamente sospesi nell'acqua. Nessuno fiata. "Le compagnie di alpini non cantano o smettono di farlo quando passano i ponti - racconta con calma qualcuno - perché le vibrazioni della voce o il battere ritmico degli scarponi possono far crollare la struttura". Silenzio. Dietro front. Avanti marsch.

 

Sempre sottovoce ci dirigiamo in direzione opposta, Campone. Ancora lavori in corso e ancora deviazioni che ci costringono a ritornare indietro fino a Meduno per prendere la vecchia strada montana. Campone è un paese sul torrente Chiarsò fatto di tanti minuscoli borghi con 3 o 4 case ciascuno. Gai, Sacchiaz, Pala e Sclaf sono solo alcuni dei nuclei solitari nella valle. D'estate l'ambiente si anima, ma durante l'anno la maggior parte delle case aspetta i proprietari o i turisti che arrivano con la stagione calda.

 

Con il tempismo che ci distingue, perdiamo di un giorno la festa del paese. Ci facciamo comunque un giretto per gli orti e le viuzze del centro, visitando il vecchio mulino in disuso. Il torrente ci passa accanto e sembra che gli enormi pesci che ci sguazzano apprezzino l'acqua cristallina. Anche qui battono i martelli, vociano gli operai sui tetti e rombano le betoniere. Tutto un fermento edile.

 

A pensarci bene, se scavassero un paio di buche nel letto del rio, verrebbero fuori delle piscinette naturali niente male, ci si potrebbe pure tuffare, magari dal brutto ponte fascista ancora in piedi. Potrebbe nascere una nuova specialità olimpionica, il tuffo nella roccia. Rientrerebbe ovviamente negli sport estremi, altro che parapendio vicino alla Malga Valinis. Non saremo comunque noi ad inaugurare questa tradizione, e per non avere nessuna tentazione leviamo velocemente le tende.

Le immagini di questi luoghi solitari riaffiorano in macchina anche durante il ritorno. Sono posti strani, isolati, anche se vicini a numerosi centri urbani e all'industrioso Veneto. A pensarci bene, sembrano ideali per chi vuole stare lontano da tutto e da tutti per qualche ora, lavori in corso permettendo. Un'idea allettante... interrotta bruscamente dall'urlo di un clacson, che annuncia roboante l'orrendo traffico della statale Spilimbergo-Udine. Siamo a casa.

 

Ivana Macor

  

 In collaborazione con Help!

 

 


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