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Errori in sala parto

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Abbiamo esaminato la documentazione fattaci pervenire allo scopo di verificare un possibile nesso di causalità tra l’operato della struttura sanitaria in occasione del parto della sig.ra M e la sintomatologia accusata dal neonato P.
  - La sig.ra M, all’una di notte del 15/6/2005, venne ricoverata dopo una visita ginecologica all’Ospedale Alfa, presso il Dipartimento materno-infantile, U.O. di Ginecologia e ostetricia.

- In sala parto all’assistita venne applicata una flebo per indurre le contrazioni; successivamente le venne riscontrata una dilatazione di circa 2 cm. Ogni ora, circa, l’ostetrica la sottopose a visita, al contrario del medico di turno che non ritenne necessario visitarla personalmente.
- Già dopo 4-5 ore di travaglio la sig.ra M, con il consenso del marito peraltro sempre presente, chiese le venisse praticato il taglio cesareo, ma le fu replicato che si opta per questa procedura esclusivamente in casi estremi e solo quando non vi siano le condizioni per procedere con un parto naturale.
- Le contrazioni si susseguirono sempre più frequentemente, con pause di due minuti. Alle 8,00 del mattino l’ostetrica sottopose nuovamente l’assistita a visita, nonostante il medico di turno non avesse ancora ritenuto d’intervenire personalmente.
- Soltanto alle 12,00, al cambio turno, intervennero due medici (gli stessi che successivamente l’avrebbero opererata) i quali, visitata finalmente la sig.ra M, ordinarono con urgenza la preparazione della sala operatoria.
- L’assistita vi entrò alle ore 13,45 del 16/6/2005.
- All’uscita dalla sala operatoria, il marito venne messo al corrente che il neonato P sarebbe stato trasferito presso un ospedale di un'altra città in quanto, “Avendo ingerito del liquido amniotico”, palesava grosse difficoltà a respirare.
- Nel frattempo, all’Ospedale Alfa, uno dei due medici che assistettero la sig.ra M durante il parto rilevò il ritardo con cui si decise di intervenire con un taglio cesareo.
- I genitori del piccolo P vennero informati delle condizioni critiche in cui il bimbo versava solo da una dottoressa dell’Ospedale Beta dove P si trovava in Terapia intensiva.
- Ora il bambino non vede, forse non sente, è affetto da Encefalopatia multicistica diffusa, ha disturbi neuromotori, rischia di essere costretto a rimanere su una sedia a rotelle, non riesce a prendere in mano niente e di tanto in tanto ha le convulsioni.


Dall’analisi delle cartelle cliniche e dalla visione degli esami strumentali prodotti la Commissione medica di Tu.Di.Ma. ha potuto evincere quanto segue:
1. dalla lettura della relazione dell’intervento si è desunto che la procedura di parto cesareo sia stata iniziata quando la parte presentata era già impegnata allo stretto medio, ciò avendo, di fatto, costituito per l’incongruità della manovra la causa prima della sofferenza fetale che ha verosimilmente determinato il danno anatomico endocranico.
2. Non si è potuto, inoltre, evitare di evidenziare come la descrizione delle procedure dai sanitari attuate in sede di parto riportata nella cartella clinica sia assolutamente nebulosa e poco chiara.

In base ai dati e ai documenti pervenutici abbiamo ritenuto di potere esprimere un parere favorevole alla prosecuzione dell’iter risarcitorio, in quanto sono emersi plurimi dubbi sulla corretta gestione della evenienza da parte della struttura sanitaria.
Abbiamo pertanto ritenuto che il danno dal minore P patito nell’occorso dovesse essere opportunamente valutato in sede medico-legale.


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