Skip to main content
l'emicrania si può curare?

Mamma mia, che mal di testa!

 |  editor


“Ho un mal di testa…!”. Ecco un’espressione decisamente comune, udibile con grande frequenza in casa, sul lavoro e tra amici. Si fa presto a dire mal di testa, ma di quale delle oltre 130 forme di cefalea (il termine scientifico generico che ingloba tutte le forme di mal di testa) si soffre?

La risposta a questa domanda è sempre consigliabile sia data da uno specialista neurologo, l’unica figura medica in grado di padroneggiare al meglio la classificazione internazionale dei mal di testa, che con pochi aggiornamenti resta quella che è stata stilata, in oltre 200 pagine, per la prima volta nell’ormai lontano 1988.

 

Per fare chiarezza in questo ricco calderone di cefalee, ci viene in soccorso il dottor Giorgio Nider, specialista a Trieste della S.C. di Clinica neurologica dell’Ospedale di Cattinara e del Centro per la diagnosi e cura delle cefalee presso l’Ospedale Maggiore. “Innanzitutto – precisa Nider – bisogna fare chiarezza su una prima suddivisione tra cefalee, ovvero tra quelle che si definiscono primarie e le cosiddette cefalee secondarie”. “Delle cefalee primarie – chiarisce – si occupa quasi esclusivamente il neurologo dal momento che si tratta di vere e proprie malattie che possono essere controllate e curate, attenzione però a non confondersi con il termine guarite, anche con ottimi risultati. Le cefalee secondarie, invece, sono sintomo di un’altra malattia, banale o potenzialmente molto grave, come la meningite, la sinusite, un’emorragia o il cancro. Ovviamente, nel momento in cui gli esami evidenziano qual è la malattia cosiddetta originaria, non è più il neurologo ad occuparsi della cefalea, ma il paziente sarà preso in cura dallo specialista in grado di curare la malattia originaria”.

 

Come fa lo specialista ad accorgersi del fatto che un apparentemente normale mal di testa, in realtà, è un sintomo di un’altra malattia? “Non esistono esami che possono quantificare o evidenziare oggettivamente la cefalea primaria – spiega il neurologo – e pertanto riveste un’importanza fondamentale, dopo l’aver appurato che gli esami clinici, neurologici e strumentali siano negativi, l’anamnesi, ovvero la descrizione dei sintomi e dei dolori che sente il paziente, associata ad una serie di domande che delineano un quadro più completo”. Ad esempio, se il mal di testa si ripete con frequenza e da molto tempo, l’intensità e la localizzazione del dolore, i disturbi associati (nausea, vomito, ipersensibilità a odori, luci, suoni) e l’eventuale familiarità.

 

Escludendo tutte le forme di cefalea secondaria, che sono campanelli d’allarme di altre patologie, vale la pena scendere nel dettaglio di quelle che sono le tre forme più diffuse di cefalea primaria: l’emicrania, la cefalea tensiva e la cefalea a grappolo.

 

L’emicrania è la più comune fra le forme di cefalea primaria e colpisce una percentuale di individui estremamente alta. Ne soffre circa il 13-17% della popolazione di cui i 2/3 sono donne. I motivi per cui sono le donne a soffrire maggiormente di mal di testa sono di natura genetica e ormonale. Il dolore è pulsante, solitamente non dura più di 3 giorni, è concentrato spesso solo su un lato della testa e si aggrava in caso di contemporanea attività fisica. L’emicrania può essere con aura, ovvero preceduta da disturbi visivi, da paresi e disturbi alla parola, oppure (come avviene molto più frequentemente) senza aura.

 

La cefalea di tipo tensivo, meno comune dell’emicrania e a frequenza molto variabile, colpisce invece bilateralmente la testa e ha una durata molto varia: tra 30 minuti a 1 settimana, ma nella sua forma cronica una crisi cefalica di tipo tensivo può durare anche mesi! Il tipo di dolore non è pulsante, ma gravativo-costrittivo ed è di norma meno intenso di quello dell’emicrania.

 

La cefalea a grappolo, invece, è una forma di cefalea che si manifesta in forma violentissima, trafittivo-lancinante. Coinvolge meno dell’1% della popolazione, in questo caso prevalentemente maschile. In passato, proprio per il terribile dolore che bisognava sopportare, in assenza di cure specifiche, essa portava addirittura al suicidio. La cefalea a grappolo si presenta anche più volte nel corso della stessa giornata nonostante la sua breve durata (di solito di un’ora), ma si ripete spesso alle stesse ore in giornate diverse. Essa è dovuta a una disfunzione di alcuni circuiti ipotalamici che dovrebbero regolarizzare ritmi circadiani. La cura (relativamente recente) è un’iniezione sottocute di un principio attivo (il Sumatriptan) che elimina i dolori in 5 minuti. Oltre al dolore, iniezione congiuntivale, lacrimazione, rinorrea e ptosi palpebrale sono i sintomi più comuni associati a questa forma di cefalea.

 

“L’emicrania in particolar modo – prosegue il dottor Nider – proprio per essere una patologia così diffusa, non deve essere ignorata, anche e soprattutto quando a soffrirne sono i bambini”. Anche dall’età prescolare, infatti, i piccoli soggetti ad emicrania possono manifestare episodi di un certo rilievo. “Può capitare di sottovalutare il bambino che dice di avere mal di testa – puntualizza Nider – ma sarebbe meglio portarlo a fare un controllo soprattutto se esistono già casi in famiglia. È possibile, infatti, quando la si prende in giovane età, controllare e curare molto bene l’emicrania, in modo da limitarne la progressione severa nell’età adulta. Per quanto riguarda invece gli adulti, accanto a diverse terapie di profilassi, vere e proprie cure, sono da poco più di dieci anni venuti in soccorso i triptani (farmaci specifici per controllare la singola crisi, ndr), i quali hanno superato i troppo diffusi rimedi farmaceutici fai da te, come gli antidolorifici generici, e hanno dato eccezionali risultati in termini di efficacia”.

 

“L’importante – ammonisce il neurologo – è curare la cefalea e non abusare di farmaci antidolorifici perché questi possono portare alla cronicizzazione della cefalea stessa, la cui cura successiva diventerebbe molto difficile e obbligherebbe a passare attraverso un vero e proprio iter di disintossicazione, anche ospedaliera: questa forma ha una dignità nosologica a sé e viene chiamata cefalea cronica da abuso”. Purtroppo questa patologia è in espansione e sono molti i nuovi casi che i neurologi del Friuli Venezia Giulia affrontano quotidianamente.

 

Ma, alla fine, quanto sono pericolosi i mal di testa? Le cefalee secondarie sono, seppur indirettamente, quelle più pericolose perché, come abbiamo visto, sono in alcuni casi il campanello d’allarme di malattie anche molto serie. Per questo non bisogna sottovalutarle, soprattutto se si verificano alcune corrispondenze, come ad esempio la prima crisi della propria vita, un episodio diverso dal solito (più doloroso o localizzato in una zona inedita) oppure se la cefalea si manifesta contemporaneamente ad altri disturbi neurologici. In ogni caso, solitamente non si muore di mal di testa, specie se si tratta di cefalea primaria.

 

Il dottor Nider, infine, conclude con una massima che ci fa capire perfettamente quanto il mal di testa possa influenzare la qualità della vita, abbassandola: “L’emicrania non porta via la vita, ma porta via la gioia di viverla”.

Giuseppe Morea

 

LUOGHI COMUNI: VERO O FALSO?

 

 

 

Molti sono i luoghi comuni e le supposizioni popolari che gravitano attorno al problema delle cefalee. Forse perché si tratta di patologie molto comuni, da secoli l’uomo tenta di categorizzare i mal di testa, cercando di trovare delle regole e delle corrispondenze per poter controllare questa diffusa malattia. Molti tra questi luoghi comuni sono superati dalla ricerca medica, alcuni sono solo parzialmente veri, mentre altri sono poco più che leggende metropolitane, prive di fondamenta scientifiche. Vediamone i principali.

 

1) Il mal di testa non si può curare.

Falso. In passato ben poco si poteva fare per curare e tenere sotle cefalee non vanno sottovalutateto controllo la cefalea, ma le moderne tecniche mediche e farmaceutiche attraverso l’uso dei triptani (per sconfiggere le singole crisi) e una seria profilassi permettono di tenere in scacco il mal di testa, evitandone la cronicizzazione ed affievolendone in breve tempo i dolori nei momenti di crisi.

 

2) Quando si ha mal di testa bisogna resistere prima di prendere farmaci.

Falso. Nel momento in cui si affronta una crisi, premesso che è consigliabile farsi seguire da uno specialista, è bene ripiegare sui farmaci corretti per bloccare lo sviluppo del dolore. Evitare l’uso (e soprattutto l’abuso) di antidolorifici generici.

 

3) Mantenere uno stile di vita regolare non fa venire il mal di testa.

Parzialmente vero. Naturalmente è sempre consigliabile mantenere uno stile di vita regolare ed è vero che, per esempio, chi lavora su turni o ha ritmi di vita molto irregolari è più soggetto a emicrania e cefalee. Così come è vero che esiste il “mal di testa da week-end”, di cui soffre una percentuale di lavoratori, magari costretti a svegliarsi molto presto durante la settimana e che dormono fino a tardi nel fine settimana. Si tratta di un luogo comune che ha basi statistiche di un certo rilievo, ma che dimentica di rilevare come il mal di testa “da irregolarità” colpisca comunque le persone già soggette a emicrania. Percentualmente lo stile di vita meno regolare obbliga un numero più alto di persone ad affrontare il mal di testa, ma gli episodi rivestono un fortissimo carattere di soggettività.

 

4) Alcuni cibi fanno venire il mal di testa.

Parzialmente vero. Esistono effettivamente delle corrispondenze tra il consumo di alcuni alimenti e le emicranie, ma la relazione è molto soggettiva e coinvolge solo particolari pazienti. Tra i cibi “incriminati” troviamo: cioccolata, agrumi, vino, insaccati, dado da brodo e formaggi stagionati.

 

5) L’uso della pillola anticoncezionale fa venire il mal di testa.

Parzialmente falso. In molti casi questo luogo comune trova corrispondenza tra le pazienti, ma in una percentuale non trascurabile (circa il 25%) gli effetti sono esattamente opposti.

 

6) Le donne incinta non soffrono il mal di testa, che invece compare dopo aver partorito.

Parzialmente falso. Esistono donne che durante i 6-7 mesi che precedono il parto non hanno mal di testa, ma in alcuni casi, anzi, le emicranie compaiono ancora più frequenti e violente del solito. Stesso discorso nel periodo successivo al parto.

 

7) Con l’arrivo della menopausa spariscono i mal di testa.

Parzialmente falso. Per la maggior parte delle pazienti questa affermazione si concretizza davvero, ma per un quarto delle donne le cefalee aumentano di frequenza e intensità proprio con il sopraggiungere della menopausa.

 

8) Le donne soffrono di mal di testa più degli uomini.

Vero. In particolare per le emicranie, dove il rapporto è di 2 a 1: le donne che soffrono di emicrania, insomma, sono il doppio degli uomini. Ciò accade per motivi genetici e ormonali. Per alcune specifiche forme di cefalea (come quella a grappolo, che però coinvolge meno dell’1% della popolazione), però, il rapporto si inverte.

 

  In collaborazione con Help!

 

 

l'emicrania si può curare?

Altri contenuti in Medicina

Andare a tempo

Non c’è sempre corrispondenza tra la nostra età biologica e quella cronologica. Quando si parla di riabilitazione dell’anziano, ed in particolare degli obiettivi della riabilitazione, ci si può tro...

Disfunzioni del “sesto senso”: la sintomatologia della litiasi

Vertigine, capogiro e disequilibrio. Quotidianamente si utilizzano questi termini per descrivere delle sensazioni che hanno confuso il nostro senso di stabilità. Malesseri che vanno ad intaccare il...

L'obesità infantile

In Italia i problemi di sovrappeso in età infantile colpiscono un bambino su quattro e costituiscono, di fatto, un problema di notevole rilevanza sociale. Tra sovrappeso ed obesità, infatti, la per...

Esami del sangue: elettroforesi delle proteine plasmatiche

L’elettroforesi è un esame che viene eseguito per analizzare le proteine presenti nel plasma: dopo un prelievo di sangue venoso, il campione di plasma viene sottoposto ad una centrifuga che separa ...

Dolore locale e rigidità articolare: così si presenta l’osteoartrite

In passato si tendeva a distinguere nettamente tra artrosi e artrite e in effetti si tratta di due malattie diverse: l’artrosi è un processo prevalentemente degenerativo e progressivo, mentre l’art...