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Genomi: cosa accomuna l’uomo al lievito?

 |  redazionehelp

Cosa sono i geni? Quali sono i fattori che determinano l’evoluzione delle specie nel corso dei secoli?

Sono solo alcune delle domande cui ha risposto il fisico e biologo Edoardo Boncinelli in occasione di un recente incontro pubblico organizzato a Gorizia all’interno del palazzo Attems Petzenstein in concomitanza con l’allestimento de “L’albero della vita”, la mostra interattiva dedicata alla figura e agli studi di Charles Darwin, visitabile fino al 19 giugno. “Quello che ormai si dice da molti anni – spiega Boncinelli – ma che in Italia non lo dice nessuno, è che noi siamo il prodotto di tre grandi fattori: dell’ambiente, dei geni e del caso”.
> L’AMBIENTE
Il fattore “ambiente” è quello più intuibile: di fronte alla necessità di sopravvivere a determinate condizioni ambientali, sopravvive chi meglio riesce ad adattarsi o a prevalere sull’altro. “Se gli animali più piccoli – afferma il biologo – sono svantaggiati rispetto a quelli più grandi nel farsi rispettare per aggiudicarsi il cibo in caso di mancanza d’acqua e quindi di meno erba, ecco che i più piccoli sono avvantaggiati perché hanno meno bisogno di idratazione per sopravvivere. Quindi o si assiste a un fenomeno di migrazione da parte degli individui più piccoli che per evitare quelli più grandi si spostano in aree più tranquille; o migrano i più grandi (in caso di siccità, verso zone più verdi, ndr); o una delle due tipologie sparisce. Soprattutto bisogna tener conto di un fatto: non sempre vince il più forte, ma il più prolifico”.
> IL CASO
“Paradossalmente – commenta Boncinelli – se nella teoria di Darwin l’enorme peso del caso dava enorme fastidio per spiegare il fenomeno dell’evoluzione, è anche vero che in questi ultimi decenni il peso del caso è aumentato notevolmente. Basti pensare ai terremoti, alla scomparsa di isole, alle eruzioni vulcaniche e ai grandi disastri che si stanno succedendo negli ultimi anni”.
Il caso tuttavia non interviene solo attraverso fenomeni macro, ma anche micro. Ne è un esempio il fenomeno detto “collo di bottiglia”. Si tratta quest’ultimo di un caso di deriva genetica che si verifica quando una popolazione viene ridotta drasticamente di numero da un evento che ha poco o niente a che fare con le consuete forze che determinano la selezione naturale. Alcuni insetti, ad esempio, in alcune stagioni dell’anno presentano un passaggio ritmico della quantità della propria popolazione. Il fenomeno del collo di bottiglia è importantissimo perché è proprio nei periodi in cui la popolazione raggiunge i livelli minimi che avviene la maggior parte dei cambiamenti evolutivi, in quanto la varietà del patrimonio genetico trasmessa alle generazioni successive è più esigua.
> GENI E GENOMI
“Spesso – osserva il biologo – gli scettici hanno chiesto tre tipi di prove a conferma della teoria dell’evoluzione: prove paleontologiche, di osservazione sul campo e prove sistematiche, cioè attraverso l’osservazione delle differenze tra le specie simili. Ma oggi l’onere di fornire queste prove è caduto sui geni e sui genomi. Il genoma (o patrimonio genetico) è ciò che distingue gli esseri viventi da quelli inanimati. Potremmo definirlo come le “istruzioni per l’uso” contenute in ciascuna cellula. Per comprendere la complessità del nostro organismo basti pensare che noi siamo composti da decine di migliaia di miliardi di cellule e che per ogni singola cellula la sequenza completa del suo genoma è un testo lungo tre miliardi di caratteri. Ecco le ragioni delle mutazioni genetiche: ogni volta che il genoma si duplica deve duplicare tre miliardi di informazioni… È ovvio che qualche errore scappa”.
Il genoma è mentalmente scomponibile in alcuni capitoli di senso compiuto chiamati geni. I geni sono l’unità ereditaria fondamentale degli organismi viventi, ne dirigono lo sviluppo fisico e comportamentale, “ma – sottolinea lo studioso – raramente sono specifici: non esiste cioè il gene dell’omosessualità, dell’intraprendenza, né il gene dell’intelligenza”. Sin dal momento del concepimento infatti il gene comincia a “dialogare” con la cellula diventandone “padrone”. Anche l’ambiente (inteso sia come ambiente fisico che come alimentazione, contesto sociale ed esperienze) influenza lo sviluppo della cellula.
“Tuttavia – svela Boncinelli – da quando conosciamo i genomi, ci siamo accorti che ne sappiamo ancora ben poco: solo il 30% del genoma infatti si occupa di quello che abbiamo sempre saputo, e cioè della codificazione delle proteine di cui il nostro corpo è prevalentemente composto; nulla si sa invece di cosa fa il rimanente 70%”. “Qualcuno – aggiunge – ha chiamato questo 70% “Dna spazzatura”, mentre recentemente ci si è convinti che il Dna che non codifica le proteine si occupa di “dirigere” la fabbricazione e il posizionamento delle proteine stesse, a volte con modalità particolari. È stato inoltre osservato che genomi di specie diverse si possono confrontare: qualcuno lo sta già facendo con il genoma umano e quello dello scimpanzé, scoprendo che tra i due tipi di genoma vi è una differenza pari solo all’1%”.
E ancora: “Nel 1985 – ricorda – dallo studio dei moscerini della frutta (la drosofila, ndr) si è giunti alla conclusione che esistono geni di alto e basso valore gerarchico. Quelli di livello superiore, detti geni master, ma io li chiamo geni architetto, sono geni capaci di agire da soli e provocare mutazioni genetiche. Questi geni sono uguali in tutte le specie, anche nella specie umana. L’esistenza dei geni architetto è fondamentale in quanto è una delle dimostrazioni più importanti della teoria evolutiva di Darwin”. Oggi conosciamo tanti tipi di geni, appartenenti anche a diverse gerarchie. “Può essere curioso ad esempio sapere – conclude Boncinelli – che l’uomo ha dei geni in comune con il lievito, che è un organismo monocellulare”.
Corinna Opara


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