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Sentenza shock per i pestaggi alla Diaz. Assolti tutti i vertici della Polizia.

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Cosa lascerà, ma soprattutto cosa significa, la sentenza della prima sezione del Tribunale di Genova relativa alla violenza esercitata contro i no global nella notte del 21 luglio 2001 alla scuola Diaz? Emergono alcune verità oggettive, tra l'altro assodate già nei mesi precedenti alla sentenza, che nessuno più mette in discussione, ma nello stesso tempo sono fortissime le tensioni che l'interpretazione dei magistrati hanno dato alle prove e ai fatti.

Cominciamo con le verità: 93 no global stavano usando la scuola Diaz a Genova come dormitorio per riposarsi dopo le manifestazioni del giorno prima (quello che ha visto anche la morte di Carlo GIuliani, assassinato da un colpo di pistola in testa da un Carabiniere) e in vista di quelle del giorno successivo.

La maggior parte di essi stava dormendo quando ha fatto irruzione nella struttura il settimo nucleo sperimentale di Roma: un blitz improvviso, nel corso del quale (e siamo ancora nel capitolo alle verità assodate) i poliziotti introdottisi nella scuola hanno iniziato a bastonare, picchiare e prendere a calci i pacifisti ancora semi addormentati. Una violenza che il vice comandante del nucleo Michelangelo Fournier ha definito "macelleria messicana". Teste spaccate, bastonate inflitte a persone inermi messe in ginocchio, violenza terrificante anche ai danni di ragazze, stranieri pestati senza un perché. E poi, il gran finale: bottiglie molotov portate in un secondo momento proprio da alcuni poliziotti per giustificare l'assalto. Un falso che avrebbe dovuto giustificare quella violenza.

Il teorema delle vittime e dell'accusa è: questo "squadrone" seppur sorretto dai relativi superiori non può aver pianificato da solo la mattanza. Doveva esserci una regia alle spalle, sorretta dai vertici della Polizia. Non si è mai visto decine di poliziotti trasformarsi in cani sciolti e abusare in modo così allucinante del loro potere.

Risultato: 29 a processo e 108 anni di reclusione richiesti dall'accusa. Oltre ai protagonisti materiali del blitz i vertici della polizia: Francesco Gratteri, ex capo dello Sco ora direttore dell'Anticrimine; Giovanni Luperi, ex vicedirettore Ucigos, ora all'intelligence; Gilberto Caldarozzi, ex vicedirettore Sco e ora a capo del Servizio centrale operativo della Polizia; Spartaco Mortola, ex dirigente della Digos genovese. A ben notare, tutti promossi sul campo!

La giustizia però, seppur con i suoi biblici tempi (che nel frattempo avvicinano alla prescrizione e hanno permesso agli imputati di godere dell'indulto) ha smontato questa tesi quasi del tutto. Secondo i giudici, si trattava davvero di cani sciolti, e così hanno scagionato tutti i vertici della Polizia e hanno ammorbidito di molto le pene ai materiali esecutori delle violenze: la condanna più pesante a 4 anni di reclusione è stata inflitta a Vincenzo Canterini, nel 2001 comandante del settimo nucleo sperimentale di Roma. Il suo vice, Michelangelo Fournier, è stato condannnato a 2 anni di reclusione. Pena di 3 anni, invece, per gli otto capisquadra: Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri e Vincenzo Compagnone. Le altre condanne riguardano Pietro Troiani, all'epoca vicequestore aggiunto di Roma, condannato a 3 anni, e il suo assistente Michele Burgio (2 anni e sei mesi), ritenuti i protagonisti della vicenda delle due bottiglie molotov.

Canterini e gli altri condannati dovranno risarcire le parti civili con il responsabile civile, il Viminale, per una cifra che si aggira sugli oltre 700 mila euro. Canterini, Troiani e Burgio, sempre con il responsabile civile, dovranno rifondere alle parti civili costituite nei loro confronti le spese di difesa a oltre 125 mila euro. Il tribunale infine ha disposto il pagamento in favore dello Stato delle somme liquidate a titolo di rimborso per le parti civili ammesse al gratuito patrocinio.

Un senso di profonda ingiustizia e il rafforzamento dell'idea di una giustizia manipolabile dai potenti e severa con i più deboli si insinua subito tra le vittime che urlano la propria indignazione: "Vergogna, vergogna!" "Ci vendicheremo" urlano le persone giunte per assistere alla sentenza. Forte anche il risentimento della sinistra extraparlamentare e dei rappresentanti dei No global.

Cantano vittoria, sul fronte opposto, i vertici di Polizia e il Governo (lo stesso che c'era già nel 2001) felici di aver visto smontato la filosofia del complotto.

Ammettere un coinvolgimento dei vertici della Polizia significava infatti confermare la responsabilità anche del Governo Berluconi III. Nella sala di comando a Genova, infatti, ha fatto più volte capolino anche l'allora Ministro degli Esteri Gianfranco Fini. Figuarsi la responsabilità politica del Ministro degli Interni e del capo del Governo.

Ma se viene dato atto a queste figure di non aver partecipato alla mattanza della scuola Diaz, allora bisogna quanto meno rilevare che sono degli incapaci. Un intero nucleo della Polizia di Stato ha messo in atto una specie di "attentato ai cittadini" sotto i loro occhi. Dal punto di vista professionale, ancor prima che da quello morale, è addirittura peggio della pianificazione e premeditazione delle violenze. Eppure sono stati tutti governativamente promossi di ruolo. I conti, insomma, da qualsiasi parte si veda la medaglia, non tornano.

Ma il messaggio finale, quello rivolto ai giovani coinvolti nel 2001 e che in futuro può orientare il modo di vedere le cose, qual è? Non è forse un sottile invito a scegliere la parte "giusta", quella forte, quella che ti può parare la schiena, e fare tutto ciò che si vuole in barba a qualsiasi regola e vincolo?

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