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Frontiera orientale: conflitti nell'area alto-adriatica

 |  Redazione Sconfini

 

Dall’impero austroungarico alle foibe: è un libro che raccoglie le lezioni tenute nell’ottobre del 2005 a Torino per un corso di formazione sulla storia della

frontiera orientale, organizzato dalla Regione Piemonte e dall’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia. Il corso era pensato appositamente per gli insegnanti delle scuole e altri tipi di formatori, mentre le lezioni hanno avuto come relatori alcuni tra i massimi esperti sull’argomento (e va a vanto dell’Istituto per la storia del movimento di liberazione della nostra regione il fatto che tra questi ultimi compaiano molti suoi associati).

 

Dall’impero austroungarico alle foibe innanzitutto è la dimostrazione dei passi avanti compiuti in questi anni dalla storiografia che ha studiato e si è interessata alla storia del confine orientale italiano. Peraltro, la presenza tra i coautori di importanti studiosi non solo regionali può essere considerata la prova che le problematiche relative a questa storia sono ormai recepite dalla storiografia nazionale nelle loro complessive articolazioni. È anche una risposta a chi continua a sostenere che su questi temi permangano nel dibattito culturale italiano silenzi, ombre, reticenze.

 

In realtà, la storiografia in lingua italiana si occupa da decenni di alcuni tra gli aspetti cruciali della storia alto-adriatica: si pensi che il grande libro apripista di Elio Apih sul fascismo di confine è stato pubblicato a metà degli anni Sessanta da un prestigiosissimoalt editore come Laterza. E la tendenza, come si sa, si è notevolmente intensificata negli ultimi decenni. Diverso discorso si può fare per il dibattito politico, che in effetti a lungo ha stentato a raccogliere nel suo linguaggio le acquisizioni storiografiche. Ma anche in questo ambito i segnali incoraggianti non mancano, se si guarda al discorso pronunciato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 10 febbraio scorso per l’ultimo Giorno del ricordo: un discorso giusto, perché fermo nel sostenere la necessità di celebrare gli italiani innocenti che sono stati vittime della violenza comunista jugoslava al termine della Seconda guerra mondiale, ma non dimentico dei due decenni di oppressione fascista ai danni della minoranza slovena e croata della Venezia Giulia.

 

Così come con uguale entusiasmo è da salutare il crescente interesse che i media e le altre agenzie di cultura del Paese dedicano di recente a quest’ultimo argomento, come attesta bene il clamoroso, anche se tardivo, caso editoriale sorto intorno ai romanzi dello scrittore triestino sloveno Boris Pahor. Se poi si limita il discorso al piano dell’opinione pubblica, è abbastanza facile concordare che sulle vicende del confine orientale abbia pesato per lungo tempo una imbarazzante cappa di ignoranza e di indifferenza, ma a ben guardare l’ignoranza rivestiva tutte le pagine di quella storia, sia quelle in cui (per riprendere una distinzione dello storico Enzo Collotti) l’italianità è risultata sopraffatrice, sia quelle che l’hanno vista invece offesa. E del resto, le ragioni di questa generale rimozione sono state analizzate e hanno trovato efficace spiegazione in alcuni importanti studi pubblicati negli ultimi anni.

 

Insomma, si deve concludere che oggi non mancano davvero gli strumenti per operare un adeguato inquadramento storiografico del passato della regione alto-adriatica, ed è proprio ciò che questo volume contribuisce a fare ancora una volta in modo prezioso, perché particolarmente divulgativo e pertanto accessibile al vasto pubblico.

 

Un inquadramento simile mostra in prima e fondamentale battuta come la storia dell’Adriatico nordorientale partecipi alle dinamiche di sviluppo e modernizzazione che hanno coinvolto, nelle loro distinte ondate, la regione dell’Europa centrorientale, e come lo faccia in maniera quasi paradigmatica. E ci racconta che il principale problema storico vissuto da questa grande area tra Otto e Novecento è stata l’affermazione del principio dello Stato nazionale in territori pluriculturali e multinazionali.

 

Ma dire così non basta. Perché è doveroso tenere in considerazione i diversi contenuti politici conosciuti nel tempo e nello spazio dalle diverse istituzioni statali, ed esaminare come questi contenuti abbiano modellato l’azione e gli obiettivi di quelle istituzioni. Solo così possiamo evitare di incorrere in un’astratta demonizzazione del soggetto storico dello Stato nazionale preso in sé, atteggiamento ideologico che può muovere anche da nobili motivazioni ma rischia di essere sterile e dannoso a livello conoscitivo (per non parlare delle ricadute su quello politico e civile). E solo così riusciremo a capire che l’area dell’Europa centrale e orientale, e quella alto-adriatica che ne fa parte, è stata sconvolta dal punto di vista sociale e demografico quando il principio dello Stato nazionale è stato piegato a una logica illiberale, esclusiva e aggressiva, quando cioè i nazionalismi sono diventati cultura politica di Stato e soprattutto quando sono stati inglobati nelle pratiche violente caratteristiche dei poteri totalitari.

 

Sono queste le conferme che provengono dalla lettura di questo eccellente strumento didattico, essenziali se vogliamo rinforzare e diffondere la cultura della cittadinanza democratica in una prospettiva di moderna integrazione europea.

Patrick Karlsen

 

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Dall’impero austroungarico alle foibe. Conflitti nell’area alto-adriatica, con contributi di Algostino, Bertuzzi, Cecotti, Collotti, D’Alessio, Miletto, Pupo, Todero, Troha, Verginella, Vinci, Bollati Boringhieri, Torino 2009.

 


In collaborazione con Help! 

 

 


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